“Zorba il Greco”: di solito, prima di un viaggio, mi piace leggere un romanzo ambientato nel paese che andrò a visitare. Questa volta, però, la lettura è avvenuta a viaggio concluso ed è servita a confermare quanto ho visto con i miei occhi. Sto parlando, ovviamente, di Creta.
Zorba il Greco
La Creta descritta da Nikos Kazantzakis è però un’isola sfumata nei suoi contorni: pare formata solo da una spiaggia, da qualche brulla montagna e da un villaggio. Sono questi i tre luoghi frequentati dal protagonista e da Zorba, operaio incolto e pieno di vita.
Un operaio, dunque, e un intellettuale: due mondi antitetici che si confrontano davanti al mare e al muto passare delle stagioni.
La filosofia del romanzo
Sin dal prologo di Zorba il Greco si capisce l’antifona:
Mi sono spesso vergognato della mia vita, perché ho sorpreso la mia anima a non avere il coraggio di fare ciò che la suprema follia – l’essenza della vita – mi gridava di fare; ma non mi sono mai vergognato tanto della mia anima come di fronte a Zorba
Parole o schiaffoni? Più procedevo con la lettura, più mi sentivo in perfetta sintonia con Nikos l’intellettuale. Lo comprendevo nel suo considerare la cultura e l’arte alla stregua di schermi che spesso i cervellotici mettono tra sé e la vita.
Zorba rappresenta l’alter ego di ogni intelligentone frustrato, anche se ammetto di essere rimasta turbata da alcune sue affermazioni. Letto nel 2016, il libro può apparire maschilista e retrogrado, in quanto tratta le donne come meri oggetti del desiderio. Di contro, c’è da dire che il libro definisce la femminilità quale valore da preservare ed esaltare, una realtà misteriosa spesso inaccessibile all’uomo.

Zorba il Greco è un crapulone, un sessantacinquenne passionale che ogni giorno vede la vita per la prima volta. Mette l’anima in tutto quello che fa: nell’amore, nel dolore e nel lavoro ed è questo a renderlo uomo agli occhi del trattenuto scrittore.
“Zorba il Greco” è un inno alla vita, agli slanci e alla follia. Non mi hanno convinta il rapporto uomo-donna che vi è rappresentato, la violenza che ogni tanto alberga nel cuore del vitale Zorba e alcuni eventi forse troppo grotteschi. Nonostante questi difetti, ritengo che sia un libro che merita di essere letto, soprattutto adesso che è stato tradotto direttamente dal greco a opera di Crocetti Editore.
Perché leggere Zorba il Greco
Perché merita? Innanzitutto per l’impeccabile stile: non godevo da tanto tempo di un linguaggio così forbito ma, allo stesso tempo, scorrevole. In secondo luogo, per la struttura filosofica che c’è alla base. Kazantzakis, infatti, era scrittore e filosofo. I suoi interrogativi sulla morte e sulla vita sono gli interrogativi di tutti, resi espliciti da una mente e da una scrittura più che lucidi.
Infine, ho simpatizzato con l’operaio donnaiolo: nonostante il mio fastidio tutto femminile per alcune espressioni discutibili, anche io vorrei un amico come lui. Ma mi rendo conto che questa figura così verace e autentica è più un’idealizzazione a opera di un uomo chino sui libri che una realtà facile da trovare.
Creta, come dicevo, fa da sfondo, anche se non in maniera invasiva. Vera protagonista è la natura. Potrebbe sembrare un’isola qualunque se ogni tanto l’autore non nominasse il vento libico, i pope e altri dettagli.
La Creta che ho visto tra le righe è quella degli affascinanti e isolati monasteri, delle combriccole di anziani e dei muli. Un’Italia del sud solo un po’ più lontana, dove a farla da padroni sono il patriottismo, la religione e le conseguenti ipocrisie. Ma anche la festa e i profumi mediterranei.
Se hai intenzione di andare a Creta, ti consiglio vivamente di leggere questo libro prima della partenza o durante il viaggio. Perché i luoghi vanno conosciuti a fondo e non visti di sfuggita.
2 risposte
Bellissima Creta!! Grazie per questo post: devo leggere al piu’ presto questo libro!
Grazie! Fammi sapere se lo leggerai 🙂