Capire cosa fare a Bangkok non è un gioco da ragazzi: la capitale della Thailandia è enorme e passare da un quartiere all’altro è come cambiare Paese.
Tuttavia – nonostante io propenda per la libera scoperta dei luoghi del mondo – ho deciso di condividere con voi il mio diario di viaggio, sia per rendervi partecipi delle emozioni che ho provato che per darvi un’idea possibile per il futuro.
Cosa fare a Bangkok in 5 giorni: diario di viaggio
Torno a viaggiare. Viaggiare veramente.
Nonostante i giorni passati in compagnia del malefico virus e le poche linee di febbre che mi porto dietro in eredità, tocco finalmente con mano la felicità di un volo intercontinentale.
La mia adrenalina è come un po’ calata negli ultimi tempi, ma sono certa che questo abbia a che fare con quest’ultimo biennio. Ché a me i viaggi servono a guardare me stessa e il mondo, a differenza della quotidianità che tutto occulta.
Mi trovo all’aeroporto di Kuwait City, seduta al terminal D2. L’aeroporto è inaspettatamente piccolo e meno “arabo” di quanto mi aspettassi. Non c’è nemmeno troppa gente: qualche anziano, volti orientali, gente locale. Un paio di donne con la mascherina nera calata sotto il mento; una – invece – con la mascherina rosa a coprire naso e bocca.
In sottofondo, la lingua araba, che ha il potere di suggestionarmi nel profondo.
Cosa fare a Bangkok: primo giorno
Atterro all’aeroporto Suvarnabhumi che è mattina. Perfetto – mi dico -, così ho tutta la giornata davanti per iniziare a esplorare questa magnifica città, di cui vi ho parlato anche in un altro post.
Io e Mr F. prendiamo lo Skytrain (BTS), la comodissima metropolitana sopraelevata che collega l’aeroporto con il resto della città. A colpirmi subito sono sia i ticket (non i classici biglietti di carta, ma dei gettoni di plastica che si lasciano all’uscita) che la pulizia e il decoro delle persone e dello stesso mezzo.
La testa ciondola per il fuso orario, ma alla fine riesco ad arrivare a destinazione: l’Hotel Royal Bangkok, nel cuore di Chinatown, vibrante quartiere della metropoli.
Mi sdraio e decido di appoggiare la testa sul cuscino giusto un attimo, ma mi sveglio due ore dopo, angosciata per aver “perso tempo” (che piaga essere dei nevrotici occidentali!).
Esco con Mr F. e cammino frastornata per le vie di Chinatown. Mi ritrovo, quasi casualmente, nella zona dei templi e mi accorgo che si è fatta ora di cena: salgo al volo su un taxi e mi dirigo al Siam Center, centro commerciale ultramoderno nel quale mi lascio ammaliare dalle installazioni luminose e dal fantastico cibo della zona food.
Eppure stasera vado a letto inquieta, ma se volete saperne di più è all’articolo di cui sopra che dovete fare riferimento.
Cosa fare a Bangkok: secondo giorno
Questa volta sono partita senza una guida al seguito: preferisco capire cosa fare a Bangkok affidandomi all’istinto.
La prima cosa che faccio è cercare un bar per la colazione. Non lontano dall’hotel e io Mr F. ne troviamo uno di quella che – scoprirò più tardi – è una catena: Chao Doi. Cornetto burrosissimo e buonissimo e capuccino preparato ad arte, come non mi sarei aspettata.
Oggi vorremmo visitare il Palazzo Reale, di cui ieri sera abbiamo solo intravisto le mura; scopriamo però che è bene arrivare prima per evitare la ressa e goderci appieno il tempo lì dentro, per cui dalla colazione passiamo – quasi senza soluzione di continuità – al pranzo: mi affido al caso e all’intuito e mi fermo al Began Vegan, nel distretto di Phra Nakhon.
Qui assaggio un piatto chiamato Kaeng Panang – versione più soft del curry rosso thailandese – e the verde al gelsomino, squisita bevanda fredda.
Cosa fare a Bangkok: visitare i templi Wat Pho e Wat Arun
Dopo pranzo decidiamo di visitare un celebre tempio di Bangkok: il Wat Pho, conosciuto soprattutto per la statua del Buddha Sdraiato, che misura 46 metri in lunghezza e 15 in altezza. Un colosso dorato di indescrivibile bellezza!
Inoltre il Wat Pho è la più importante scuola di massaggio thailandese: in alcune stanze è possibile leggere la storia di questa disciplina e vedere attrezzi del mestiere e foto di grandi maestri.
Inutile dirlo: quando viaggio sto bene, perché è come se tornassi nella dimensione del sogno, che da sempre mi appartiene. Penso a questo mentre ammiro i tetti dorati del tempio e degli edifici annessi; qui le persone pregano con ardore e tra di loro scorgo una bambina inginocchiata, che si inchina più e più volte a mo’ di adulta.
Mi faccio benedire da un monaco, mentre sento levarsi in cielo canti dal mistico fascino.
Una volta uscita, mi dirigo al vicino tempio Wat Arun, sull’altra sponda del fiume Khao Phraya. Il Tempio dell’Aurora (questa la traduzione) dà il meglio di sé proprio nelle prime ore del giorno, ma al tramonto non è da meno. Unico neo: la folla che vi accorre. Per arrivarci prendiamo un battello che impiega sì e no cinque minuti ad arrivare.
La finissima porcellana cinese di cui è ricoperto prende vita quando il sole comincia ad abbassarsi e io mi godo lo spettacolo sgomitando un po’ e zigzagando tra tante cordicelle appese, che terminano con dei nodi che i fedeli – così apprendo sul posto – dovranno sciogliere l’Ultimo dell’Anno.
Prima di riprendere il battello (adesso c’è davvero la fila), mi fermo un po’ nel caratteristico quartiere in cui sorge il tempio, il Bangkok Yai. Compro un’acqua di cocco, ossia un cocco fresco che viene spaccato in cima, laddove viene inserita una cannuccia. La bevanda che più mi manca!
Cosa fare a Bangkok: divertirsi?
Ormai è sera e – con tutta la stanchezza del caso – andiamo a buttare un occhio a Kao San Road, a quanto pare via/mecca del divertimento. Impressione pessima da subito: questa strada invasa da una musica occidentale a tutto volume mi appare da subito una rete per turisti.
Me lo confermano i tanti stranieri dotati di bottiglie di birra che barcollano da queste parti e le bancarelle che vendono insetti per stupire occidentali creduloni e bisognosi di novità.
Usciti da quel girone infernale, andiamo a cena da Hemlock, ristorante abbastanza buono, ma anch’esso turistico, anche nei prezzi.
Cosa fare a Bangkok: terzo giorno
Finalmente possiamo andare a vedere il Palazzo Reale: ci svegliamo di buon’ora, facciamo colazione in hotel e torniamo nel distretto centrale di Phra Nakhon, quello del Wat Pho per intenderci.
Non un semplice palazzo, ma un insieme di 100 edifici, tra cui il Tempio del Buddha di Smeraldo, chiamato così per la presenza di una statua del Buddha, che di questa pietra preziosa ha solo i colori . In realtà il materiale di cui è fatto è la giada, ma questo non toglie nulla alla sua bellezza.
Costruito nel 1782, fu residenza dei Reali di Thailandia, che oggi vengono qui solo per occasioni speciali.
Camminare all’interno del complesso significa lustrarsi gli occhi con la magnificenza dell’oro e dei colori presenti a ogni angolo. In questo momento godo del fatto che lo stile thailandese sia l’esatto opposto del minimalismo.
Viaggio nel Palazzo Reale
Partiamo dalla corte esterna, caratterizzata da un porticato interamente ricoperto da splendidi, minuziosi affreschi che rappresentano scene del Ramakien, il poema epico thailandese ispirato al all’omologo indiano Rāmāyaṇa. A colpirmi è soprattutto l’oro, che conferisce tridimensionalità alle figure dipinte.
Subito dopo entriamo nella zona del Wat Phra Kaew, il Tempio del Buddha di Smeraldo: è possibile accedere a quella che letteralmente è la Residenza del Grande Gioiello, a patto che si lascino le scarpe all’esterno e non si scattino fotografie. Ubbidisco e lancio una fugace occhiata alla veneratissima statua, che misura sì e no 70 cm.
Superata la zona sacra, ci dedichiamo a quella profana, anche se è una bestialità definirla così: in Thailandia c’è grande rispetto per la famiglia reale.
Non visitiamo l’interno (chiuso) del Palazzo Reale, ma l’esterno basta e avanza. A colpirmi sono soprattutto i giardini che lo fronteggiano, un’esplosione di verde a contrasto con il bianco dell’ex residenza reale.
Una volta uscita, mi fermo a bere uno smoothie all’anguria presso l’Ice Green Cafè, dove riposo le gambe, ormai iperattive.
Il mercato galleggiante di Khlong Lat Mayom
Per pranzo decidiamo di abbandonare la zona turistica e ci dirigiamo dalla parte opposta.
Prendiamo lo Skytrain, scendiamo alla stazione di Bang Wa e da lì acchiappiamo al volo un taxi, che ci porta al mercato galleggiante di Khlong Lat Mayom, quartiere Thonburi.
In realtà arriviamo un po’ tardi: sono pochissime le barche che ancora vendono i loro prodotti, ma ne approfittiamo per mangiare qualcosina in uno dei tanti banchetti dello street food. Scelgo un piatto a base di riso e salsiccia, ma solo dopo mi accorgo che quest’ultima è cruda – o meglio: marinata – e mangio pochissimo per paura di star male. Peccato perché è una vera delizia.
Abbiamo scelto questo mercato in quanto più autentico degli altri mercati galleggianti della città; così autentico che il giro in barca tra i canali mi lascia addosso una profonda inquietudine. Il tempo non aiuta, ma non aiutano nemmeno le case a bordo canale, dove osservo – con un certo stupore occidentale – le condizioni della gente del posto, che reputo misere.
Saranno il verde muschio dell’acqua e il grigio del cielo, saranno le parole del barcaiolo (che dice la parola coccodrilli, intendendo però varani); sarà che i miei occhi vanno sempre al di là dello sbrilluccichio per turisti. Sta di fatto che percepisco una povertà che la maggior parte degli occidentali, qui, sembra ignorare, presa com’è dal lato cool dell’esperienza.
Una volta scesa, mi riprendo sedendomi al The Pine Farm & Cafe, bar sulla sponda del canale dove mi riacclimato con una tazza di caffè.
Cenare a Chinatown
È la sera dell’Ultimo dell’Anno e decidiamo di trascorrerla fuori dalle zone predilette dai turisti, ossia a Chinatown, dove il Capodanno cinese è stato festeggiato lo scorso 22 gennaio.
I festeggiamenti per la notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio sono quindi più dimessi e dedicati a quei pochi viaggiatori che decidono di festeggiare ai margini delle zone del divertimento vero e proprio.
Ceniamo quindi al Red Rose, ristorante cinese e jazz lounge. Cocktail all’anguria, pollo ubriaco e un paio di fuochi d’artificio: non avrei potuto trascorrere un Capodanno migliore.
Cosa fare a Bangkok: quarto giorno
Oggi ho bisogno di sole e di natura: mi dirigo così al Lumphini Park, tripudio di verde e grattacieli a circondarlo. Se vi chiedete cosa fare a Bangkok, questa è un’eccellente risposta.
I varani camminano tranquillamente a bordo lago, mentre la polizia sveglia un senzatetto che si è addormentato su una panchina. Il rigore thailandese, come tutto, ha due facce: se da un lato ha reso Bangkok una città ordinata, pulita ed efficiente a dispetto delle sue dimensioni, dall’altro dà vita a situazioni che quantomeno spingono un osservatore minimamente dotato a farsi delle domande.
Pranziamo nell’ottimo ristorante indiano-libanese Al Saray, a Silom, distretto finanziario di giorno e della movida di notte.
Nonostante senta che mi sta salendo la febbre, decido di andare sul Lebua State Tower, uno dei grattacieli più famosi del mondo e set di film come “Una notte da leoni”.
La febbre sale e i piedi dolgono: a metà strada mi fermo in un piccolo centro massaggi per ridare vita alle mie estremità inferiori. A dire il vero il luogo è un po’ equivoco, ma poco importa: faccio di necessità virtù e alla fine riprendo a camminare con la cocciutaggine di sempre.
Arrivata sulla sommità del Lebua State Tower, i miei dubbi sul dress code di Mr F. si rivelano corretti: a causa dei suoi pantaloncini, non ci fanno sedere al Sirocco, sky bar da cui godere di un panorama unico al mondo. Prego un’addetta di farmi almeno scattare qualche fotografia e lei acconsente. Mi sembra di volare! Poco importa che non mi possa sedere: essere qui è già un’incredibile esperienza.
Torno in hotel che ho 38.3 di febbre, ma lascio fare al mio istinto. Non prendo nulla, mi faccio una bella sudata notturna e la mattina dopo ho 37 e un po’ di raffreddore. Il clima, a Bangkok, gioca brutti scherzi. Si passa infatti dal caldo umido delle strade al freddo dei locali esposti a un’aria condizionata eccessiva.
Cosa fare a Bangkok: quinto giorno
Infine, cosa fare a Bangkok, se non dedicarsi alla sua parte ultramoderna? Inutile fare i viaggiatori snob, che escludono a priori tutto ciò che riguarda il commercio e la spettacolarità.
Vado quindi all’IconSiam, lussuosissimo centro commerciale sulle sponde del fiume, solcato da imbarcazioni di ogni tipo. All’esterno mi attende un meraviglioso gioco di luci e acqua: la fontana prende letteralmente vita, mentre gli addetti alla sicurezza dirigono le persone in punti precisi e la musica accompagna lo spettacolo. In questo momento, adoro la sontuosità di Bangkok.
Cenare all’IconSiam è un’esperienza sensoriale irripetibile: impossibile decidere tra i mille tra ristoranti e bancarelle di lusso presenti all’interno. Alla fine opto per una tom yum, piccante zuppa a base di noodles e gamberi, e un mango sticky rice, paradisiaco dolce preparato solo con riso, mango e latte di cocco. Da svenire al solo pensiero. Infine assaggio un po’ del tanto odiato durian, che non ho trovato così terribile come molti dicono. Non posso affermare che il suo sapore mi manchi, ma si può fare.
Mancano poche ore al volo di rientro e mi ritrovo a camminare quasi per caso sul Taksin Bridge, ad ammirare il grande fiume di Bangkok e l’atmosfera di questa città, che per essere apprezzata veramente va vissuta con sensibilità.
Cammino fino a sentire le gambe cedere, perché questa megalopoli non mi basta. Voglio raccogliere le ultime gocce di piace e zigzago come una folle tra Krung Thon Buri Road, Sathon Road e vie limitrofe, beandomi degli odori, del movimento, dei banchetti dello street food, dei musicisti improvvisati e dei contrasti che solo in luoghi del genere può davvero essere toccato con mano.
Innamorata di Bangkok? Decisamente.