La Spezia: la solitudine del Museo Civico Amedeo Lia

Museo Civico Amedeo Lia: sale

Tredici sale, pezzi pregiati e un solo difetto: il numero inadeguato di visitatori. Il destino, tutto da cambiare, di un luogo prezioso: il Museo Civico Amedeo Lia di La Spezia.

La Spezia è una città dimessa, priva degli sfolgorii che si possono trovare a Genova o in località patinate come Portofino. Il capoluogo di provincia è, per lo più, punto di partenza ferroviario per le Cinque Terre. La sua stazione, quotidianamente gremita di turisti (per lo più francesi), in qualche modo ne occulta le bellezze e la storia.

Tra le migliaia di visitatori che affollano la Liguria in alta stagione, non è alto il numero di coloro che percorrono i vicoli interni della città. Ancor più difficile è che qualcuno si fermi al Museo Civico Amedeo Lia, dedicato all’arte antica, medievale  e moderna. Un museo custodito all’interno di un palazzo rosa di Via Del Prione, il corso principale.

Mi sono ritrovata a camminare tra i suoi corridoi e le organizzatissime sale un mattino di piena estate, completamente e inspiegabilmente sola. Devo ammettere che non immaginavo che avrei trovato tanta ricchezza all’interno di un museo.

Amedeo Lia era un ufficiale di Marina, che divenne collezionista grazie ai numerosi viaggi di lavoro. Durante le sue peregrinazioni, si innamorò spesso di sculture, dipinti e manufatti di ogni provenienza.

Una mattina di fine agosto, dicevo. Ho camminato tra le teche di cristallo del Museo Civico Amedeo Lia prima con didascalico distacco, poi con interesse. Non occorre essere intenditori per apprezzare una miniatura o una ceramica di Limoges. Quello che serve, per addentrarsi in un museo come questo (magari rinunciando a qualche ora di mare) è la curiosità.

Museo Civico Amedeo Lia: Amedeo Lia dipinto da Rocco Normanno
Rocco Normanno, Amedeo Lia, olio su tela, 2007

Ogni sala è dedicata a un percorso tematico. Si passa dagli oggetti liturgici alle miniature, dalla Camera delle Meraviglie alle nature morte.

Dispiaciuta per l’assenza di visitatori nel Museo Civico Amedeo Lia, ho giocato con me stessa a “trova l’oggetto”, un modo tutto mio per districarmi tra gli innumerevoli manufatti. Prima do un’occhiata fugace; poi, scegliendo ciò che mi colpisce di più, ne leggo la descrizione.

Così faccio con i ritratti come con vetri, terrecotte o sculture. Se, da un lato, questo modo di procedere mi impedisce di trascorrere un’intera giornata dentro a un museo, dall’altro stimola e affina il mio gusto.

Un breve elenco dei miei colpi di fulmine:

  • la Madonna in Maestà col Bambino benedicente di uno scultore umbro di fine XIII secolo
  • la testa virile greco-cipriota, dominata dal sorriso sereno e da una barba finemente cesellata
  • il Vir Dolorum di Pietro Lorenzetti
  • le differenti versioni dell’intellettuale San Girolamo
  • l’autoritratto del Pontormo
  • il Memento Mori di un anonimo senese.
  • Per non parlare del Canaletto
  • dei calici in cristallo di rocca
  • e di quel viandante che ti guarda come fosse vivo di fronte a te.

Sarà per questo che ho provato un brivido percorrendo le ultime, buie sale del Museo Civico Amedeo Lia. La luce si accende solo dopo qualche istante e, come piegata di fronte all’abilità di uomini che furono.

Mi sono trovata ad aumentare il passo, schiacciata dai volti di bronzo e dalle Madonne dolenti, forse stupefatti dall’assenza di uomini e donne, il cui sguardo è necessario a convalidare l’esistenza viva delle opere d’arte.

Alla fine del percorso, si può visitare il chiostro, che (nonostante le dimensioni ridotte), ospita trenta differenti specie botaniche.

Al di là del valore intrinseco del museo, mi preme sottolineare la presenza di schede di approfondimento multilingue in tutte le sale e la loro accessibilità (a eccezione della seconda) per visitatori su sedia a rotelle, sordi e non vedenti.

A non essere così accessibile, a questo punto,  è l’arte in sé. Relegata all’interno di spazi chiusi, siano essi musei o libri, e di preconcetti che la vogliono ancora noioso e intangibile oggetto di studio, ha bisogno di entrare nel vortice della comunicazione social per farsi conoscere ai più?

Il museo è aperto dalle 10 alle 18, dal martedì alla domenica. Il prezzo intero del biglietto è di 7,00 euro.

Roberta Isceri

8 risposte

  1. Da studentessa di Beni Culturali non posso che apprezzare articoli del genere, volti a mettere in risalto l’aspetto artistico che viene molto spesso considerato come “noioso” , “inutile” e chi più ne ha più ne metta.

    Io invece adoro scoprire luoghi del genere, così come adoro scoprire l’arte …e non solo sui libri. Anzi, sui libri quasi non la sopporto! ahhaah

    Un bacio 🙂

    1. Fantastica! 😀 L’arte è meravigliosa se ti lasci trasportare al di là di tutte le pedanterie da manuali scolastici. Chi non capisce l’arte non capisce la vita

  2. Sono d’accordo! E’ sempre mille volte più emozionante entrare in un museo e scoprire dal vivo le opere d’arte, che “studiarle” su un libro. E’ anche più alla portata di tutti, nel senso che se non si è super appassionati o studiosi del mondo dell’arte è ben difficile farsi trasportare da un bel manualone di storia e tecnica, mentre secondo me chiunque entrando in un museo viene colpito da qualcosa: un oggetto, un dipinto, un manufatto, lo sguardo in un ritratto, la perfezione di una scultura, la luce in un paesaggio… si ha così modo di gustarsi l’arte a modo proprio, senza necessità di essere acculturatissimi a riguardo, ma notando e scoprendo liberamente tutta la bellezza e la poesia racchiusa nelle sale dei musei. Tutti così si possono avvicinare a questo universo.
    Il tuo modo di gironzolare per il museo, facendoti guidare dall’istinto ad esempio è un ottima maniera per riempirsi occhi e cuore (e in maniera indiretta quindi anche cervello) di bellissime opere d’arte di ogni genere, con la leggerezza giusta per non associare a tutto ciò la solita parola “noia” 🙂

    Deianira

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