Visitare Ostia Antica significa finire nell’occhio di un ciclone emozionale. Non c’è senso che non venga coinvolto: colori caldi, canti di uccelli e un persistente profumo di fiori che resistono alle stagioni. Marmi ruvidi e marmi lisci.
La sacralità di Ostia Antica si fa rispettare da subito: l’ingresso è infatti segnato dalla millenaria necropoli, le cui tombe si ergono silenziosamente su un’erba che si ha l’impressione conosca i segreti del luogo.
Ostia Antica: ricchi e poveri
Chissà se i poveri resti degli antichi Romani vagano ancora nei dintorni…
Poveri e ricchi giacevano vicini, distinti solo dalla forma delle loro tombe. Ai primi, infatti, toccava una bara rudimentale; ai secondi, invece, un’urna. La cremazione, del resto, era un affare per gente benestante.
Ti incammini sul selciato ancora segnato dalle ruote dei carri, tra pini, palme e cipressi, inebriata dalle margherite baciate da un sole particolarmente caldo.
Alla tua destra scorgi un manipolo di turisti che guardano in basso dalla cima di un edificio. Sotto di loro si apre il mosaico delle Terme di Nettuno: il dio del mare è in compagnia di Venere e animali acquatici.
Ti rendi conto che morte, divertimento, sacro e profano fanno tutt’uno nella cultura romana: prima sei lì a goderti il calore dell’acqua che scioglie i tuoi muscoli indolenziti e subito dopo in una bara.
Così è la vita.
Ma lo spettacolo più bello di Ostia Antica è forse il teatro romano, che si apre quasi intatto in mezzo alle centinaia di edifici, sintesi perfetta degli opposti.
Ti siedi su uno dei suoi gradini, osservando l’orchestra e la scena. Mentre immagini attori virili travestiti da donne, ti accorgi di tre maschere – su altrettanti pilastri – che sembrano volerti ammonire.
Del resto, cosa c’è di più sacro e di più profano del teatro?
A proposito di profano: ancora più in là, in mezzo alle tante insulae (gli attuali condomini), trovi una domus, la cui sala da pranzo è circondata da pregiate colonne marmoree. È del IV secolo d.C., epoca in cui non si usava più banchettare da sdraiati.
A qualche passo dalla stanza, un water dalla forma sorprendentemente moderna.
Resti preziosi
Nel castrum, la parte più remota di Ostia Antica, si erge il campidoglio dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone, Minerva.
Stanca di camminare, entri in un bar dell’antica Roma (thermopolium) e ti siedi su una delle panche al suo interno. Dai un’occhiata stupita al bancone dove venivano serviti cibo e bevande (per lo più vino).
I Romani vivevano più fuori che tra le mura domestiche. Del resto con pochi centesimi potevi garantirti un buon pasto e anche un letto, sederti all’aperto e bere dalla fontana di un marmo nobilissimo.
Dulcis in fundo, ti pare di sentire, poco prima di uscire definitivamente da questo mondo, le voci sommesse di riti misterici.
Mitra tagliò la gola a un toro sacro, il cui sangue salvò il mondo. Una grotta, un sacrificio e la diffusione capillare: il culto pagano ricorda da vicino il Cristianesimo, a differenza del suo carattere misterico. Chissà, forse siamo dei mitraisti mancati.