Un pezzo d’Italia fuori dal confine: l’entusiasmante Pola

Pola: dettaglio dell'arena
Oggi vi porto a Pola, città istriana che molto ha a che fare con il nostro paese. Non era, la croata Pula, parte del Regno d’Italia? E infatti qui le lingue ufficiali sono due: croato e italiano, appunto.
Prima impressione: pessima. La visione della periferia, che si estende senza una logica apparente, collega la mia mente a quell’architettura sovietica di un tempo che tanto mi insquallidisce: palazzoni verticali, grigiore e insegne devastate mi giocano, all’inizio, un brutto scherzo.
Ma pochi luoghi, come questo e altri che vi descriverò in post successivi, mi hanno regalato un insegnamento profondo sulla differenza tra ciò che appare e ciò che è.

Croazia: cose da fare a Pola

Camminando per le vie animate da un piacevole caos, architettonico e umano, scopro molte testimonianze, incredibilmente intatte, lasciate dai Romani. A partire dall’Arco dei Sergii, la cui posizione, non isolata dal contesto ma innestata su un tessuto urbano che poco ha a che fare con esso, fa parte di un’affascinante convivenza tra vecchio, nuovo e sgangherato.
L’atmosfera di Pola è frizzante e mi entusiasma: ho sempre adorato i miscugli – artistici, etnici, musicali e chi più ne ha più ne metta. Si capisce all’istante che si ha di fronte un grande coacervo di culture, di cui l’Istria è testimone, felice e triste allo stesso tempo.
Percorrendo la via Sergia, raggiungo Piazza Foro, la principale. Qui spicca il Tempio di Augusto, dietro alle cui colonne troneggiano, immense, le navi del porto.
Sembra di essere a Roma, più che in Croazia. Di fronte alla scalinata del tempio, sta per svolgersi un concerto, mentre alcuni bambini, incuranti della storia e dell’arte, giocano a pallone contro le sacre pareti.
Dopo una cena a base di pesce al Ristorante Barbara, mi incammino, seppur stanca, in direzione dell’Arena, la visione più “inquietante” del mio soggiorno: una versione più piccola del Colosseo si apre di fronte a me. I turisti si attardano nei bar che circondano l’anfiteatro, dove si terrà uno spettacolo di cui purtroppo ignoro la natura.
Ma un altro spettacolo mi attende, mentre costeggio il porto per raggiungere l’appartamento in cui alloggio: quello delle gru di luce del cantiere navalmeccanico Scoglio Olivi, che l’anno scorso hanno ottenuto la nomination per City People Light, concorso internazionale che premia le più belle installazioni del mondo.
Vado a letto entusiasta: nonostante mi sia fermata a Pola per una sola notte, penso di averne carpito l’anima. Un’anima che mi ha catturata da subito, per quel disordine che, per me, rappresenta la metafora più potente del Viaggio.

Roberta Isceri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Don`t copy text!