Giorni fa mi ha contattata un ragazzo di nome Nino, a capo di un progetto chiamato Wheelchair on the Road. Entrambi facciamo parte di un gruppo Facebook dedicato ai viaggi ma, quando mi ha chiesto se fossi a conoscenza di quello che intendeva fare, ho pensato: “Uffa, la solita richiesta di pubblicità”.
Pigramente, mi sono spostata sulla sua pagina – Wheelchair on the road, appunto – e da “uffa” a “wow!” il passo è stato breve. Nella parte relativa alle informazioni, c’è scritto così:
“Il progetto nasce con l’intento di andare a far visita nei maggiori capoluoghi europei, con la particolarità che i soggetti che faranno da guida turistica saranno due paraplegici in assoluta autonomia”
Mi sono quindi detta che dovevo assolutamente intervistare questo ragazzo e far sì che fosse lui a parlare con voi con il solo tramite delle mie domande. Il modo in cui si è presentato, non solo a me ma su una pagina da lui gestita, mi è sembrato così onesto che ho sentito il bisogno di saperne di più.
Ecco a voi l’intervista, che ha visto la luce in seguito a un interessantissimo scambio di audio e di idee.
Wheelchair on the road: intervista a Nino

“Ciao Nino, tu e Andrea avete intenzione di partire alla volta dei maggiori capoluoghi europei e di raccogliere fondi per sostenere il vostro viaggio. Com’è nata quest’idea?”
L’idea è nata tanto tempo fa ma ogni volta che provavo a darle vita accadeva sempre qualcosa che stoppava l’evento. Poi, capendo che nell’esistenza di tutti noi ci sarà sempre almeno un singolo motivo per rimandare ciò che vorremmo fare, ho dato vita al progetto senza pensare più a nulla”
Quanto durerà il vostro viaggio e quali le tappe sicure?
Stabilire la durata precisa è quasi impossibile, proprio perché c’è ben poco di programmato, nonostante le persone che si trovano nelle nostre stesse condizioni, il più delle volte, organizzino ogni minimo spostamento prima ancora del viaggio (per non cadere in ”trappole” architettoniche).
Le tappe sicure saranno quelle elencate nel nostro programma, salvo disordini di natura politica accaduti in questi periodi.
N.d.r.: Amsterdam, Londra, Parigi, Madrid, Santiago de Compostela, Roma.
Ho visto che il vostro viaggio verrà non solo ripreso ma spesso anche trasmesso in diretta. In questo modo, è possibile che qualcuno abbia voglia di incontrarvi anche solo per un saluto. Ci avete pensato?
Certamente. Uno dei nostri scopi è proprio questo: cercare di coinvolgere più persone possibile e non esser seguiti solo dalla categoria ”disabili”, che spesso senza volerlo viene ghettizzata dagli stessi.
Che è come dire che il vostro viaggio ha una particolarità ma non coincide con questa particolarità. Il vostro è dunque un modo per dimostrare che avere una disabilità non impedisce di fare ciò che si ama?
Già. Per quanto siano giuste le battaglie per un mondo accessibile a tutti, non possiamo restare in casa aspettando che il mondo cambi. Vorremmo dimostrare quanto tutto quello che per molti è difficile o addirittura impossibile possa invece essere normale se ci si affida alle proprie forze. Essere messi sul piedistallo per ogni piccola cosa che noi facciamo, per quanto possa sembrare paradossale, a molte persone (inclusi me e Andrea) dà molto fastidio, perché non crediamo di far miracoli. Insomma, possiamo finalmente far vedere quanto sia normale tutto quello che per molti non lo è!
Ovviamente tengo a sottolineare che questo discorso è rivolto a un pubblico con il nostro status, ovvero la paraplegia. Non mi permetterei mai di andare a intaccare altri tipi di disabilità, che presentano difficoltà oggettivamente più gravi delle nostre.
Sulla vostra pagina Facebook avete scritto che cercherete di “contattare cittadini italiani residenti all’estero che avranno il piacere di ospitarvi, con la speranza di poter dare un aiuto significativo all’abbattimento delle barriere architettoniche del luogo ospitante”. In che modo pensate di dare una mano?
Premesso che troveremo barriere architettoniche quasi ovunque, molte si possono abbattere con l’aiuto dei cittadini che ci verranno incontro… Ad esempio, come approcciarsi ad un disabile in presenza di scale ed aiutarlo senza fargli del male e senza farlo sentire a disagio? Rendere la carrozzina un oggetto quotidiano alla portata di tutti risolverebbe già gran parte dei nostri problemi, senza il bisogno di modificare edifici, strade etc. (sempre rimanendo nell’ attesa che queste modifiche si facciano).
C’è un messaggio che volete trasmettere a chi vi seguirà o incontrerà per strada?
Nessun messaggio: se tornassimo con una medaglia al collo, avremmo fallito alla grande. Vogliamo trasmettere un concetto di ”normalità”, quasi di “indifferenza”.
Frasi fatte come ”oltre le barriere” o ”volere è potere” rappresentano un fallimento per noi; ma se ci dovessimo sentir dire ”e noi che credevamo fosse così complicato”, allora avremo vinto.
Come vi sentite all’idea di intraprendere questo viaggio?
Bè… Pieni di adrenalina, eccitazione e anche un po’ d’imbarazzo, non essendo abituati a stare sotto i riflettori.
Chi sono Nino e Andrea? Raccontaci qualcosa di voi.
Nino e Andrea sono ragazzi come tanti, ragazzi che nella vita hanno fatto i loro errori e le loro cose belle, ragazzi che sono stati amati e forse odiati, che hanno amato e forse odiato, che possono star simpatici e antipatici. Il nostro racconto è proprio questo: siamo ragazzi normali che puoi incontrare tutti i giorni in qualunque luogo. Tutti noi abbiamo un trascorso che potremmo raccontare per ore ma a che scopo? A quale fine? Diventerebbe la solita gara tra chi sta peggio e chi sta meglio. E poi ,se devo dirla tutta, non sarebbe meglio se imparassimo a conoscerci tutti insieme lungo il viaggio?

Secondo me sì! A questo punto, dicci su che canali possiamo seguirvi: non vediamo l’ora di partire con voi!
Potete seguirci sulla nostra pagina Facebook e su Instagram! Sempre su Facebook (nella sezione apposita) potete invece fare una donazione e sostenere così il nostro viaggio.
Non mi resta (anzi: non ci resta) che augurarvi buon viaggio.
Che la vostra avventura abbia inizio! Io vi seguirò e sono certa che lo faranno in molti!