Vulci: erano mesi che ci volevo andare. Sapevo della sua esistenza fin dalle Superiori, favorita dal suolo etrusco sul quale si trovava l’istituto che frequentavo: Montepulciano.
Perché di Etruschi stiamo parlando… Vulci, infatti, era la patria di questo popolo tanto antico quanto evoluto.
Insomma, sabato scorso sono riuscita ad andare al Parco Naturalistico ed Archeologico, chiuso per mesi a causa delle restrizioni. Ho aspettato il primo weekend libero per fiondarmi nel Viterbese e godere, ancora una volta, delle sue bellezze, appaganti per la vista, il cuore e l’intelletto.
Adesso vi porto con me, sperando che la mia giornata possa fare da spunto per uno dei vostri prossimi viaggi nel Lazio.
Vulci: la perla etrusca della Maremma laziale

Una natura incontaminata, dove il verde dei pascoli, il rosso dei papaveri che già spuntano generosi e il viola di fiori selvatici senza nome la fanno da padroni: benvenuti a Vulci, perla etrusca situata nel comune di Montalto di Castro, a pochi chilometri dal mare.
Arrivata in biglietteria (tra i pochissimi avventori), ho scoperto che l’ingresso per il Parco Naturalistico ed Archeologico costa solo 1o euro. Una somma irrisoria se consideriamo che si tratta di uno dei siti archeologici più importanti d’Europa.
Gli itinerari possibili sono due: breve (2 km) e lungo (4 km). Io ho optato per il secondo.
Cosa sapere di Vulci

Vulci non è un paese a sé stante: con questo nome si intende l’insieme dei centri sorti nel bacino del fiume Fiora e sulla linea di costa che dal fiume Arrone porta a Talamone, in Toscana.
Gli Etuschi erano eccellenti artigiani e commercianti: ecco perché molti manufatti provenienti da Vulci sono stati trovati anche fuori dai confini nazionali (in Corsica, per esempio). Non solo vasi, ma anche gioielli, statue votive e utensili di varia natura.
Nel 280 a.C. Vulci venne conquistata dai Romani, per cui quella che vediamo oggi è l’unione di due culture che si sono succedute nel tempo. Lo dimostrano monumenti come la domus, il foro e l’arco di Publius Sulpicius Mundus.
Le necropoli sono la parte più consistente del parco: al loro interno sono state ritrovate diverse pregevoli opere (come la scultura del Centauro), alcune delle quali oggi conservate nel Museo di Villa Giulia, a Roma.
Cosa vedere a Vulci: l’itinerario lungo

Il percorso lungo tocca le seguenti tappe:
- Tempio Grande
- Edificio laterizio
- Foro di Vulci
- Porta Nord
- Domus del Criptoportico
- Mitreo
- Cinta muraria
- Sacello d’Ercole
- Porta Est
- Ponte Rotto
- Laghetto del Pellicone
- Tomba dei Soffitti Intagliati
- Tomba della Sfinge
- Castello dell’Abbadia
- Ponte del Diavolo
Allargando ulteriormente il giro (è necessario fare delle piccole deviazioni dai sentieri battuti), ci si imbatte anche nell’Area Tradizioni Maremmane, dov’è possibile vedere i butteri (i cowboy della Maremma) al lavoro.
Più in là si trovano anche il Tumulo della Cuccumella, la Tomba delle Iscrizioni e la celeberrima Tomba François.
I sentieri si snodano seguiti dal fiume Fiora e dai gruccioni, splendidi uccelli dal piumaggio coloratissimo, che sembrano provenire da chissà dove.
Da non perdere, alla fine del giro, il Castello dell’Abbadia, oggi piccolo ma prezioso Museo Archeologico Nazionale.
Vulci: turismo cinematografico

Un contesto del genere non poteva non attirare registi e attori. Ecco che Vulci, quindi, è diventata set cinematografico d’eccellenza. Vi rinfresco un po’ la memoria:
Tre Uomini e una Gamba
Aldo, Giovanni e Giacomo sono tra i miei comici preferiti. Nonostante preferisca gli sketch ai film, non posso dimenticarmi di “Tre uomini e una gamba”, diretto da loro stessi nel 1997.
Un viaggio in auto verso Gallipoli- dove Giacomo dovrà sposarsi – diventa un’odissea per i tre amici e la gamba di legno, oggetto che devono portare al padre della sposa.
Tra le traversie, quella avvenuta proprio al Laghetto del Pellicone, dove i tre fanno il bagno. Qui un cane urinerà sulla preziosa scultura in legno.
Non ci Resta che Piangere
Chi non si ricorda il cult del 1984, scritto da Massimo Troisi e Roberto Benigni?
Un maestro e un bidello si ritrovano catapultati a fine ‘400. Il loro scopo è raggiungere l’Andalusia per impedire a Cristoforo Colombo di partire e, quindi, scoprire le Americhe.
Di fronte al Laghetto del Pellicone, i due incontrano Leonardo Da Vinci.
“Alt! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!”. Questa celeberrima battuta viene pronunciata invece oltre il Ponte del Diavolo, di fronte al Castello dell’Abbadia, dove un tempo si trovava la dogana.
La Visione del Sabba
Marco Bellocchio, 1988. Il film racconta la storia di uno psichiatra travolto dalla malattia mentale di una paziente accusata di omicidio.
È ancora al Laghetto del Pellicone che venne girata una scena del film: quella in cui il protagonista vede sparire la donna tra le sue acque.
Eros – Il Filo Pericoloso delle Cose
Una coppia decide di fare una gita al mare per ritrovare un po’ di intesa: il regista Michelangelo Antonioni ha girato alcune scene all’ormai famosissimo laghetto. Era il 2004.
Il Racconto dei Racconti
Inutile dirlo: il lago è protagonista anche di alcune scene dell’apprezzatissimo film di Matteo Garrone.
A Vulci sono state girate anche le serie tv “Il nome della rosa” (2019) e “Romulus” (2020)
Un piccolo Eden all’interno del parco: la Valle delle Farfalle

Merita un discorso a parte la Valle delle Farfalle, poco oltre il Laghetto del Pellicone.
In questo angolo di verde sono state inserite delle piante nutrici, sulle quali le farfalle possono deporre le uova.
Non si tratta di una decisione di natura estetica: questa è una vera e propria oasi pensata per aiutare le farfalle a nutrirsi e riprodursi, in un momento in cui il rapporto tra loro e l’ambiente è radicalmente cambiato, sia a causa dei diserbanti che per la diminuita presenza di siepi.
Cosa vedere a Vulci: il Castello dell’Abbadia

Altro discorso a parte lo merita questo splendido castello, che si trova ai margini del Parco Naturalistico ed Archeologico.
Oltre al suo indubitabile fascino, bisogna sapere che per soli 4 euro è possibile visitarne gli interni, occupati dal Museo Nazionale Archeologico. Un museo piccolo, ma ricco di monili, utensili e vasellame, corredati da esaurienti spiegazioni sulla storia di Vulci e la vita degli Etruschi.
Il Ponte del Diavolo, che unisce il castello a quella che un tempo era la dogana, è di una bellezza disarmante. La sua forma arcuata si protende su un canyon vero e proprio, attraversato dal fiume Fiora.
Dove mangiare a Vulci
I ristoranti all’interno del parco sono due: Casaletto Mengarelli e Casale dell’Osteria.
Io ho optato per quest’ultimo: si può mangiare nel pergolato, con vista sulle rovine della città etrusca. Da provare: i ravioloni maremmani, la faraona all’arancia e la ricotta ai frutti di bosco!
4 risposte
Siamo appena tornate da un week end i questi territori straordinari. Anche se non siamo riuscite ad esplorare Vulci nello specifico, ci siamo dedicate ai bellissimi dintorni e ci siamo riempite gli occhi di meraviglia. Speriamo di fare il bis, e magari inserire nuove tappe. proprio come questa.
La zona merita tanti ritorni ????
Il ponte del Diavolo mi ricorda il Ponte Gobbo di Bobbio, detto anche lui Ponte del Diavolo e in effetti ci assomiglia parecchio! Che bella questa zona, per me è completamente sconosciuta e adesso hai solleticato la mia curiosità!
Ti auguro di vederla quanto prima con i tuoi occhi 🙂