Il sud di Creta: il mio viaggio tra Europa e Africa

Il sud di Creta

Il sud di Creta: viaggio da Kissamos a Matala

Verso il sud di Creta: oggi mi aspettano circa tre ore di viaggio per il sud di Creta: da Kissamos devo dirigermi a Matala, località del sud affacciata sul mar Libico. Prima però, su consiglio della giovane proprietaria dell’appartamento dove ho alloggiato, mi fermo presso la Tavern Maracaibo, una dimessa trattoria sulla strada, lontana dal chiasso delle spiagge.

Zucchine ripiene di spezie e formaggio fritto, pollo stufato nel pomodoro e nelle cipolle, pane con olio, aglio e origano: queste le mie pietanze, che mi fanno alzare da tavola a pancia pienissima ma felice come una bambina.

Sapori come quelli di una volta: potrebbe sembrare uno slogan pubblicitario ma non trovo espressione migliore per descrivere la mia esperienza culinaria in questo cortiletto all’ombra di mille piante rampicanti, dominato dal verde di un arredo sapientemente genuino e dal suono melodioso dello scacciaspiriti, che rompe di tanto in tanto il silenzio.

 
La cucina del sud di Creta: mani che tengono pomodori e zucchine
Pomodori e zucchine

Dopo un’oretta di viaggio, il paesaggio che attraverso tra Armeni e Spili si arricchisce di colline brulle e macchia mediterranea. Per la pausa caffè opto per un bar che appare come un miraggio per chi attraversa il deserto.

Come al solito, oltre al caffè mi viene portata acqua a volontà insieme a un paio di biscotti. Gratuitamente. Un avverbio che da noi posso usare solo pochissime volte.

A Matala arrivo di sera. La osservo con la bava alla bocca nonostante un po’ di rabbia residua. Eccolo, il sud di Creta!

C’è molto vento. Dio quanto lo amo! Se dovessi scegliere un elemento naturale che mi rappresenta appieno, sarebbe proprio il vento.

Nonostante la sazietà, mi fermo per cena alla Sirtaki Taverna, trattoria turistica ma non troppo. La bandiera della Grecia svolazza di fronte alla spiaggia di cui, data l’ora, vedo solo i contorni.

Passeggio per smaltire la grande quantità di cibo ingerito durante la giornata e mi accorgo dell’incredibile mix del posto: hippy, nordeuropei che guardano le partite di calcio, cretesi dediti più al commercio che all’ospitalità vecchio stile dell’ovest che ho lasciato da poco.

Matala è piena di tedeschi, italiani e francesi ma, essendo la prima settimana di luglio, la loro presenza è ancora sopportabile. Molti i locali del lungomare, pensati ad hoc per loro (e per noi: anche io sono una turista, in teoria). Il tutto è smorzato dall’atmosfera – se posso definirla così – desertica: il cielo è trapunto di stelle e dalla stanza di Villa Sylvia posso vedere l’arida roccia che domina il luogo, bucherellata dalle tante grotte che negli anni ’70 fungevano da case per i figli dei fiori.

In albergo non c’è la tv (che meraviglia!) e la colazione non è prevista. Poco male: al supermercato compro grandi quantità di yogurt greco pieno di miele, noccioline e chissà che altro.

Il sud di Creta: 8 luglio – Red Beach

Sud di Creta: ombrelloni al tramonto a Matala
Red Beach al tramonto

La mattina dell’8 luglio decido di raggiungere la Red Beach, chiamata così proprio per la sua sabbia rossa. Per arrivarci, però, devo fare una bella scarpinata dall’albergo ai piedi dell’immensa e selvaggia falesia che lo separa dalla spiaggetta. Arrivo sudata: il caldo è davvero africano.

Il mare smeraldo mi chiama con urgenza ma noto con disappunto che i pochi ombrelloni a pagamento sono occupati e che non c’è nemmeno un centimetro di ombra sotto la quale appollaiarmi.

Altra sorpresa: i nudisti ciondolano ovunque e, con quel che di scimmiesco che emerge quando ci spogliamo delle maschere, si muovono indolenti verso il mare, come spinti dalla forza misteriosa del luogo. E così faccio amicizia con panze, seni al vento e genitali perfettamente depilati ma inguardabili. Tra di loro, una sorta di kouros greco a gambe aperte si spalma la crema solare sul gluteo perfettamente scolpito… Fingo indifferenza mentre cerco di capire dove sdraiarmi.

Una volta trovato uno spigolo doloroso su cui appoggiarmi, osservo le onde possenti con il sottofondo di musica greca proveniente dall’unico bar della spiaggia, piccola e per fortuna poco frequentata, data la sua difficile raggiungibilità. [Una piccola nota sulla musica: lì per lì non si capisce se si stia ascoltando la voce di un greco o di un arabo, tanto le influenze turche hanno modificato l’assetto culturale dell’isola.]

Dopo un’oretta di classico solleone da sud di Creta, vado da Yannis (il bar, appunto) per un caffè. Il tipo è scontroso. Accanto a me un ex hippy di sconosciuta nazionalità dipinge le colonne con degli strani simboli, nonostante le sue mani – non so perché – tremino.

Riconosco la forza selvaggia della natura intorno a me, la guardo di sottecchi ma non riesco a penetrarla del tutto. Nel frattempo si avvicinano alcune capre selvatiche, con cui farei amicizia se la mia diffidenza non mi frenasse. In realtà sono animali buonissimi.

Festo: il sud di Creta è archeologia

Sud di Creta: Palazzo di Festo
Il Palazzo di Festo

Devo assolutamente visitare un sito minoico e opto per Festo, non troppo lontano da Matala. Il luogo è potente e il paesaggio (il Monte Ida e la Pianura della Messarà) mi ricorda le mie radici, grazie al confortante cicaleccio che mi segue tra le rovine di questi palazzi e all’odore di salvia e rosmarino.

Dopo aver visto anfore ancora integre, scalinate in alabastro di migliaia di anni fa e pavimenti solcati un tempo da re e regine, prendo la macchina e mi fermo al non troppo caratteristico mercato di Mires: anche qui domina il made in China, purtroppo.

Vado così a Sivas, dove pranzo con polpette di formaggio e carciofi. Di fronte a me una bella chiesa simmetrica, alcune case in stile veneziano e tante porte blu su muri bianchi. A fine pasto il proprietario mi offre anguria e raki, il cosiddetto “spirito di Creta”.

Nel pomeriggio vedo per caso un monastero ortodosso: Odigitria. Decido di entrare (fosse per me, visiterei tutto. Un’abitudine da abbandonare!). Un agnellino bela disperato davanti al tronco di un albero. Non so come aiutarlo, se non rimettendolo dentro al recinto dove ci sono pecore e capre un po’ troppo distratte.

Il luogo è a dir poco mistico. Fuori dalla chiesa, un frate seguito da un numero indefinito di gatti (gli animali-guida di Creta sono proprio loro, insieme alle capre). L’interno è sontuoso, dominato dalle icone e dal silenzio, nonostante il vento ululi fuori dalla porta. Mi immagino il fascino di questo monastero in pieno inverno e come sia facile, una volta arrivati su questi colli, diventare asceti distaccati dal resto del mondo.

Uscita di lì, faccio una puntatina sulla lunghissima spiaggia di Komos. Anche qui i nudisti si sprecano: non più coppie ma uomini soli, a distanza di pochi metri l’uno dall’altro.

Dall’alto di un piccolo colle godo del magnifico tramonto, in compagnia di qualche camperista e di un motociclista che ha l’aria di un conquistatore mancato. Posti più belli, per oggi, non ne potevo vedere

Nel prossimo post ti parlo dell’est di Creta… Aspettami! 🙂

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6 risposte

    1. Che meraviglia Elena! Guarda, nemmeno io adoro il mare d’estate ma per un motivo: le spiagge affollatissime. Infatti avevo precedentemente deciso che a Creta sarei andata, al massimo, la prima settimana di luglio. Penso che da ora a fine agosto sarà purtroppo un’altra cosa.

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