Perché viaggiamo? Di allunaggi e smarrimenti

Perché viaggiamo? Non voglio certo dare una risposta semplicistica ma cercare, con questo post, di capire cosa mi spingeva un tempo e cosa mi spinge oggi a cercare il mio altrove.

A stimolare questa riflessione è stata UlisseFest, la festa del viaggio di Lonely Planet, che la settimana scorsa mi ha invitato a passare tre giorni a Rimini tra itinerari cinematografici, conferenze e travel blogger.

A questo evento se n’è aggiunto un altro, cui ho assistito in diretta dal MAXXI (Museo nazionale delle Arti del XI secolo) lo scorso 20 luglio: la partenza dell’astronauta Luca Parmitano verso la Stazione Spaziale Internazionale.

Perché viaggiamo

Ingresso del MAXXI
Il MAXXi

Come sapete, quest’anno si festeggia il cinquantenario dello sbarco dell’uomo sulla luna. Dopo 50 anni, un altro evento straordinario che ha a che fare col pianeta che tanto ci affascina durante le notti inquiete: Parmitano, Andrew Morgan e Alexander Skvortsov sono partiti per la missione Beyond a bordo della navicella Soyuz MS-13.

“Quello che stiamo imparando nell’orbita bassa terrestre consentirà alla prossima generazione di andare più lontano e continuare a esplorare. Per essere in grado di tornare sulla Luna e su Marte, dobbiamo sapere come sopravvivere e operare in quei mondi. È qui che entra in gioco la Stazione Spaziale”.

Queste le parole dell’astronauta siciliano.

Andare oltre

Perché viaggiamo: Roberto Vittori parla davanti a uno schermo del MAXXI
Roberto Vittori al MAXXI

Beyond: un termine perfetto per abbozzare una prima risposta alla domanda “perché viaggiamo?”.

Cioè che è oltre, ciò che è remoto/lontano: ecco cosa cerchiamo quando ci perdiamo nelle nostre fantasie di viaggio.

L’uomo non è nato stanziale. Lo dice Chatwin in “Le vie dei Canti” e lo dicono gli studi da sempre. È nato nomade, anche se la ricerca di stabilità è altrettanto forte. Ma non esiste solo L’UOMO: ogni individuo porta in sé una spinta diversa rispetto al binomio nomadismo/stanzialità.

Prendete me: sono nata in provincia di Lecce da padre pugliese e madre siciliana. Cresciuta nella Bergamasca, nell’arco dei miei primi 15 anni di vita ho cambiato tre scuole elementari e 5 case.

I miei genitori non hanno mai smesso di cercare e così, subito dopo aver compiuto 16 anni, sono stata “trasportata” a Montepulciano. Non prima, però, di aver fatto un lungo viaggio a bordo di un Fiat 238: attraversando i Balcani, abbiamo raggiunto la Turchia, all’epoca meta semi-sconosciuta.

Perché viaggiamo: famiglia italiana in Turchia
Viaggiare in famiglia

A Montepulciano non c’è l’università e Siena non era tra le mie preferenze. A 20 anni ho optato per Roma, visto che la capitale stimolava maggiormente il mio interesse.

L’amore, poi, mi ha fatto incontrare un ufficiale di Marina e non solo a vivere tra Taranto e La Spezia ma anche a viaggiare in tutto il mondo per raggiungerlo. Da Malta al Canada, dal Portogallo all’Australia, in aereo, su aliscafi e navi da guerra. Ho preso un brevetto sub per scoprire i fondali e lottare contro l’ansia, per poi scoprire che amo i pesci ma preferisco gli uccelli.

Beyond. Non c’è limite al limite

Non c’è luogo sufficientemente lontano, non c’è angolo così remoto da fermare il desiderio di esplorazione dell’essere umano.

A Sydney ho fatto amicizia con gli ibis australiani e con l’affascinante canto del kookaburra, che ha provocato qualcosa di indefinibile in me. A Sharm El Sheickh ho attraversato il deserto in piena notte, mentre in Qatar mi sono immobilizzata al canto del muezzin. In Brasile ho assorbito vitalità e osservato con stupore i colibrì, mentre negli Stati Uniti mi sono sentita parte di uno dei film che hanno popolato la mia immaginazione.

Perché viaggiamo – mi chiede questo post. Per ricordare chi siamo. Il cervello è un organo quasi del tutto sconosciuto e se il muezzin riesce a farmi fermare come rapita; se il deserto mi commuove; se i canti degli uccelli mi ricordano qualcosa. Ecco, se tutto questo accade è perché il mio DNA ha impressa la storia dei popoli che mi hanno preceduta.

Una nave a Sydney Harbour
Sydney Harbour

Avete presente le tartarughe di mare? Appena nate si dirigono verso la battigia. E così gli uccelli: appena è giunto il momento, spiccano il volo senza che nessuno gli abbia detto il perché o il come. Viaggiare, secondo me, risponde a un processo simile. È la risposta che diamo spontaneamente a una domanda che non conosciamo (e forse è giusto così).

Tornando a UlisseFest: “Perché viaggiamo” è anche il titolo dell’ultimo libro di Tony Wheeler, fondatore di Lonely Planet. Questo signore ancora arzillo è stato un ingegnere e poi, di colpo, un viaggiatore/esploratore. Cosa lo spinse a iscriversi a Ingegneria? E cosa a lasciar perdere e a imboccare una strada quasi agli antipodi?

A queste e ad altre domande lui ha risposto con semplicità disarmante e ironia britannica. Era come se non avesse molto da dire: il suo volto sembrava rispondere: “parto perché parto. Perché sì!”.

A rimanermi impressa è stata la sua frase sul perdersi durante i viaggi. Proprio lui che ha inventato le guide di viaggio più famose al mondo ha confermato l’idea che ho da sempre: viaggiare è seguire rotte diverse, magari trovate per caso. I viaggi programmati, in fin dei conti, possono davvero definirsi tali senza quest’atto vitale che è lo smarrirsi? Ha senso una vita piena di obiettivi e vuota di momenti casuali?

Io viaggio con me: acchiappasogni appeso allo specchietto retrovisore di un'auto in viaggio
Acchiappasogni

Perché viaggiamo? Come rami che si allungano

Avrei voluto chiederlo anche a un astronauta ma lui, forse, mi avrebbe risposto che la risposta si trova nei sogni dei bambini.

Dal bianco di un grande schermo, ho assistito emozionata al lancio del razzo da Bajkonur. Era come essere in Kazakistan, chiusa in una capsula diretta in un altrove per me inconcepibile. Forse viaggiare è anche un po’ morire, toccare con mano la possibilità di capire cosa c’è lontano dal mondo a noi conosciuto e poi tornarvi.

Viaggiamo perché non riusciamo a rimanere dove siamo, perché abbiamo bisogno di capire cosa c’è oltre la porta di casa nostra, oltre i confini della nostra mente. Perché siamo rami che si allungano e non pali della luce. L’importante è non diventare palline da flipper: ché il viaggio, senza consapevolezza, diventa atto fine a se stesso.

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4 risposte

  1. Sai che mi trovi molto d’accordo con il tuo pensiero ma la cosa che, prima di tutto, mi è venuta in mente leggendo questo articolo è che siamo fortunate ad essere delle nomadi, perché abbiamo sperimentato le differenze. E soprattutto che non vedo l’ora di rimettermi in viaggio. Grazie!

  2. Certo che il viaggio degli astronauti supera davvero ogni limite! Mi piace la tua idea , viaggiamo per ritrovare le nostre vere origini e ci sono momenti, paesaggi, suoni che ci rimandano a questa impronta ancestrale. Bella immagine!

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