In Corea del Sud con Parasite

La Corea del Sud sembra appartenere a un altro pianeta: dove si trova esattamente? Quale la mentalità corrente, orientale o occidentale?

Saranno tutte queste domande (e la curiosità verso i premi Oscar) ad avermi spinta a vedere Parasite, lungometraggio di Bong Joon-ho, premiato anche con la Palma d’oro a Cannes.

Parasite: la descrizione di una Corea divisa in 4

Corea del sud: Seoul di notte
Seoul

Sappiamo tutti che esistono due Coree: una del nord e una del sud. In Parasite, però, ne esistono 4: alla storica divisione si aggiunge quella tra ricchi e poveri, resa visibile attraverso l’abnorme diversità di due case.

Poiché la gran parte dei critici cinematografici ha parlato proprio dell’uso dello spazio che il regista coreano ha fatto, io cercherò di “adattarmici”. Del resto, a interessarmi è soprattutto il racconto dei luoghi e la possibilità di un viaggio futuro in questo Paese ancora poco conosciuto.

La trama

Corea del Sud: frame dal film Parasite
Scena da Parasite – Foto da comingsoon.it

Padre, madre, figlio e figlia vivono in un seminterrato, che il regista ha dichiarato, in un’intervista, simile alla sua casa da studente. Sono poveri e disoccupati e si arrabattano per sbarcare il lunario. Le dinamiche tra i quattro somigliano a quelle di una qualunque famiglia occidentale: si controlla WhatsApp, si discute, ci si vuole bene.

Un giorno la famiglia riceve una visita inaspettata. Si tratta di un amico del protagonista Ki-woo, venuto a portargli in dono una pietra apparentemente decorativa, ma che fungerà da portafortuna (o portasfortuna, a seconda dei punti di vista). C’è anche una buona notizia: l’amico sta per partire per gli Stati Uniti e offre a Ki-woo di prendere il suo posto di insegnante di inglese di una ragazzina, figlia di una famiglia molto abbiente.

Ci spostiamo quindi nell’asettica villa dei Park, dove vivono l’asettico marito, la moglie sciocchina, la figlia in cerca di evasione e il figlioletto traumatizzato. Mentre tra il novello insegnante e la ricca ragazzina nasce una storia d’amore, il primo fa sì che tutta la famiglia, gradualmente, entri a lavorare dai Park, ma mantenendo l’anonimato.

Ognuno di loro recita una parte: il padre farà l’autista, la figlia l’arte-terapeuta e la madre la governante, scalzando dal suo posto quella storica.

Il conflitto esploderà non solo e non tanto verso i ricchi ma anche e soprattutto tra poveri. Ma non vi svelerò troppo.

L’ambientazione

Seoul: fiume Han al tramonto
Fiume Han

Parliamo di Seoul, strutturata – come quasi ogni capitale mondiale – in quartieri ricchi e poveri. Che, a quanto pare, sono particolarmente ricchi e particolarmente poveri. Un po’ come la Rio de Janeiro che ho conosciuto qualche anno fa.

Seoul, di per sé, è una città avveniristica, anche da un punto di vista architettonico. I grattacieli futuristici, la pulizia, l’efficienza, la tecnologia: sono tutti concetti che, nell’immaginario collettivo, vengono associati a questa città.

Eppure Seoul è anche tradizione. Una tradizione, che – forse – è stata messa a repentaglio proprio da questa corsa al futuro.

Nel film, vediamo i quartieri Jongno-gu, Buam-dong e Jahamun-ro. Alcune scene sono state girate negli studi cinematografici della città di Goyang. Altri luoghi iconici sono la scalinata che il trio Kim infila dopo la fuga da casa Park, sotto la pioggia (219, Jahamun-ro, Jongno-gu, Seoul) e la pizzeria per conto della quale “i poveri” piegano scatole (86, Noryangjin-ro 6-gil, Dongjak-gu).

Seoul: casa Kim e casa Park

Il bagno di casa Park in Parasite
Il bagno di casa Park – Foto di rollingstone.it

Vi stupirà sapere che entrambe le case sono state costruite appositamente per il film. Difficile, dunque, che durante un viaggio in Corea possiate ripercorrere le tracce della vita domestica delle due famiglie.

I Kim vivono sottoterra come scarafaggi, mentre i Park (nomina sunt omina…) posseggono una casa da sogno in un non precisato quartiere residenziale.

Non è casuale, credo, che gli ambienti si differenzino anche in quanto a calore umano: il bugigattolo dei Kim è squallido, ma di uno squallore familiare; l’immensa villa dei Park è invece senz’anima: troppi spazi vuoti, un mobilio ridotto all’osso (come in tante case alto-borghesi) e una canadese nel cui spazio minimo il bambino ama rifugiarsi.

Casa Kim è tipicamente coreana, casa Park ha invece ascendenze americane. I ricchi di tutto il mondo, infatti, chi vogliono imitare? Tant’è che la tenda, ultimo rifugio del bambino, è indiana, a ricordare le radici americane. Radici più autentiche, sterminate dalla brama di dominio capitalistica.

Dov’è la tradizione, in casa Park? Gli architetti per ricchi sembrano aver creato un’uniformità di stili imbarazzante. Potremmo parlare di una globalizzazione architettonica. Unico neo di casa Park (unico particolare a parlare a noi spettatori di storia e tradizioni) è il bunker nel quale si nasconde il marito dell’ex governante.

A quanto pare, in Corea molte case hanno dei bunker, costruiti per difendersi da eventuali attacchi della Corea del Nord (e anche per proteggere alcuni averi).

Recensione di Parasite

Corea del Sud: scale nel film Parasite
Scale

Nonostante queste sottigliezze, non sono riuscita ad apprezzare pienamente Parasite. Al di là delle brutte sensazioni provate durante tutto l’arco del film (necessarie, per carità), ho avuto la percezione di un eccesso di ricercatezza formale e di una divisione radicale, per quanto realistica, tra ricchi e poveri.

Inoltre, non amo lo splatter e non ne comprendo l’utilità: perché rappresentare la guerra tra poveri con scene trash? Che il regista sia vittima dei fan di Tarantino (che non amo)?

Troppa freddezza, a descrivere un’umanità che in parte mi sfugge.

Viaggio in Corea

Tramonto su Seoul vista da una torre
Tramonto a Seoul

Come sapete, amo parlare di turismo cinematografico, e sono certa che i fan di Parasite che amano viaggiare abbiano già prenotato un biglietto aereo per Seoul (prima che si scatenasse il Coronavirus).

A me, invece, il film ha provocato una repulsione istintiva, che – da viaggiatrice – ho razionalizzato a posteriori. A rimanermi particolarmente impressa, infatti, è stata la freddezza dell’ambientazione, non solo domestica: il quartiere residenziale dei Park, la luce grigiastra, il cemento. Persino il quartiere povero ha appoggiato la sua mano gelida sul mio stomaco.

Fortunatamente, oltre a essere un’amante del cinema, sono una viaggiatrice incallita, nonché una persona razionale. Sono quindi sicura che, prima poi, anche io potrei andare in Corea del Sud. I motivi? Li trovate in cima all’articolo 😉

 

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2 risposte

  1. Ho sentito molto parlare di questo film, ma ancora non ho avuto l’occasione di vederlo. Leggendo il tuo articolo mi ha incuriosita ulteriormente e sicuramente lo guarderò. Anch’io come te sono una viaggiatrice incallita ed estremamente innamorata dell’Asia, quindi uno delle mie prossime mete sarà sicuramente la Corea del sud. Sono sicura che non mi deluderà 🙂
    Sabrina
    https://sabrinalettiero.com

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