La mia Italia: cicaleccio con me stessa

Se qualcuno ha scritto “La mia Africa” (Karen Blixen), non vedo perché io non possa scrivere un articolo sulla mia Italia. Certo, non ci sono cacciatori di elefanti di cui innamorarsi, ma tant’è.

Questo post, quindi, vuole essere un omaggio al Belpaese, che di bello – talvolta – ha davvero poco. Ecco perché va celebrato.

Avete davanti a voi uno scritto emozionale, sprezzante delle regole della SEO, di Google e di qualunque altra cosa possa irregimentarlo. Ché talvolta c’è bisogno di flussi di coscienza anche su internet, non solo sui libri.

La mia Italia: omaggio al Belpaese

Viaggiamo in Italia: Vespa rossa nel centro di Bolsena
Italia

“Perché sei così legata all’Italia?” – mi chiede il mio intervistatore ideale. Io mi siedo, ordino una torta pere e cioccolato e un cappuccino e mi appresto a rispondergli così:

“La prima cosa che mi viene da risponderti, caro intervistatore, è che la mia famiglia vive in Italia. Sono nata in Puglia da padre salentino e madre sicula e ho vissuto in Lombardia, Toscana, Liguria e Lazio. È come se l’Italia la conoscessi un po’ tutta. Il nomadismo familiare – dovuto a un mix di esigenze e volontà – mi ha messa a confronto con l’arsura del sud, l’umidità del nord, la chiusura del centro.

Amo i tratti degli uomini italiani. Ti sembrerà una cosa sciocca e anche un po’ naïf, ma ricordo ancora quando tornai dagli Stati Uniti dopo più di un mese di permanenza in quel di Berkeley. Ebbene, fu allora che mi resi conto dei tratti somatici degli italiani: scolpiti, intensi, espressivi. Non necessariamente belli.

Locandina di Nuovomondo, di Emanuele Crialese
Immagine da iFellini

Quando sono all’estero mi manca la pizza, non solo come alimento, ma in quanto rito: la pizza della domenica sera è uno status, più che una cena

Mi manca l’atmosfera, più facile da descrivere con le immagini che con le parole: il cielo terso di Roma spazzato dalla brezza estiva. I pini in mezzo alla città. Lo sgarrupato che si sposa alla perfezione con il bello.

Mi manca la natura mediterranea, che per me è vita. La vicinanza con l’Africa, quell’aria “di confine” che gli abitanti del sud conoscono bene. Le agave e i fichi d’India ce lo ricordano: siamo quasi nel deserto”. E io amo il deserto.

Continua, ti prego…

La mia Italia: vista sui colli della Val d'Orcia
Val d’Orcia

“Ti piace che ti intrattenga con i miei afflati poetici, vero? Sei come me: un’impressionista. Ami le pennellate di colore e i tratti delicati ma chiari.

A proposito di Impressionismo, non posso non citare la Val d’Orcia e i suoi campi di grano e di girasoli. E le rotoballe? Pensa che una volta Chris – un mio amico inglese – mi chiese se gli italiani le avessero create per i turisti. Dire naïf è poco, vero? Infatti mi misi a ridere, mentre pedalavamo verso Bagno Vignoni.

Fu lì che – i piedi immersi nelle acque termali del parco dei Mulini – mi disse che ero troppo timida. È che il giovane, ingenuo inglese aveva un’idea preconcetta delle italiane, come di donne procaci ed estroverse, pronte ad ammaliare il visitatore. Come dargli torto? La nostra maggiore rappresentante, in tal senso, rimane lei…

La mia Italia: primo piano di Sophia Loren con un cappello di paglia
Sophia Loren

La mia Italia è la Fiat 500 gialla di mio zio, quella dei coprisedili in legno, che ti lasciavano i buchi sulla pelle ma ti proteggevano dalle ustioni. Sulle sue ginocchia, guidavo verso il mare. La calura era terribile e l’aria condizionata consisteva in questo: un finestrino abbassato a fatica e un braccio che seguiva la corrente facendo la ola, regalando un momentaneo refrigerio al resto del corpo.

La mia Italia è la fila di zoccoli che si trascinano sulla lignea passerella tra le dune di Casalabate (LE), ma anche quella della pasta fatta in casa da mia zia, condita con pomodoro e cacio ricotta pugliese. La mia Italia è la siesta, che io odiavo e che invece ora ricerco: ore di noia per noi bambini, da riempire senza fare rumore (ché altrimenti gli adulti si svegliano!).

Chi non conosce il silenzio del sud tra le 14.00 e le 17.00? Le cicale, in sottofondo, mi mettevano squallore. Sembravano prendersi gioco della noia infantile e solleticare dolorosamente la fantasia di una bambina che anelava il mare in quelle ore di vuoto assoluto.

La mia Italia: cicala su un ramo
Cicala

I cartoni animati venivano trasmessi alle 16.00: dovevo stare attenta al volume, ma le loro sigle segnavano l’avvicinamento della sveglia adulta e l’approssimarsi del mare, quando andava bene. In effetti succedeva anche che i grandi non avessero voglia di tornare in spiaggia; così si intrattenevano al tavolo, davanti al caffè, a parlare e ridere per ore, mentre io covavo risentimento, impossibilitata a tuffarmi un’altra volta. L’ennesima della giornata.

La mia Italia è quella dei calzoni fritti e dei calzoni al forno, grassa consolazione per la mia rinuncia alle onde pomeridiane. È quella delle luminarie, che fino a qualche anno fa consideravo kitsch e che le mode hanno invece reso cool.

È la banda che suona e che io detesto, è lo struscio, le facce cotte dal sole e i vestiti bianchi di lino, i codini sulle bambine e le ciabatte di plastica dei bambini.

È il parente che ti dice “quanto sei cresciuta” e l’amico che dice ai tuoi “questa farà girare la testa ai maschi”. È l’imbarazzo per le barzellette osé raccontate in dialetto, di modo che i bambini non capissero. E invece capivano eccome”.

La tua Italia è… Com’è?

La mia Italia: anziani che giocano a carte al tavolo di un bar
A carte

“È che non potevo parlarti di gondole e Colossei, di spaghetti e mandolini. Capisci? L’Italia che ti sto raccontando è quella che un tempo non piaceva a nessuno, se non agli stranieri, e che oggi è invece protagonista di film e serie tv. Forse abbiamo un po’ di nostalgia per quel Paese.

È l’Italia del popolo, degli anziani che giocano a carte su un tavolo di plastica e talvolta bestemmiano senza ritegno solo per aver perso una mano. È quella delle tende dei bar, fatte di corda evanescente: tu ci passavi in mezzo e sembrava quasi ti accarezzassero i capelli. Esattamente là, in quei bar che un tempo consideravi brutti, da popolino, e che oggi ti fanno venire una gran voglia di sederti a bere una spuma. Ecco di quale Italia ti sto parlando.

Qualche altra suggestione? Che ne dici dei possenti ulivi che affondano le radici nella terra rossa, quasi volgare? E delle tovaglie a quadretti bianchi e rossi, della pasta con le cozze e della buganvillea, che si arrampica sulle case dal biancore accecante?

La mia Italia: tavolo con tovaglia a quadretti bianchi e rossi di fronte a una trattoria romana
Quadretti bianchi e rossi

Sai qual è la mia Italia? Quella dei borghi silenziosi e deprimenti, che oggi vanno tanto di moda. Quando ero piccola, odiavo i borghi. Guardavo gli anziani affacciati alla finestra o seduti fuori dalla porta, che sembravano attendere la morte, tanto erano immobili e nullafacenti. Vedevo le anziane vestite di nero e mi parevano streghe, mi parevano.

I vecchietti erano più simpatici, ma pur sempre strani nella loro trasandatezza contadina. Ché io mica conoscevo gli Agnelli o gli altolocati, ma signori con il bastone e signore col velo.

Oggi cammino per gli stessi borghi e provo l’impulso a trasferirmi in una casa con vista. Anelo il silenzio interrotto di giorno dalle cicale e di sera dai grilli. E quando vedo un anziano ho solo voglia di chiedergli il segreto della vita.

Single sposata: una vecchietta con le scarpe rosse cammina con un trolley
Anziana in viaggio

Lo vedo là, seduto fuori dalla porta, pronto a snocciolare qualche detto antico. E io ho fretta di carpire tutto il carpibile, consapevole che in futuro gli anziani leggeranno le frasi di Osho sul cellulare. Chissà se me ne leggeranno una al volo o se, semplicemente, mi diranno “buongiorno”. Lo stesso “buongiorno” che ogni volta mi fa trasalire e sentire maleducata (in città – si sa – non ci si saluta nemmeno tra vicini di casa).

È un’Italia da cartolina, la mia. È persino banale e, perciò, ancora più autentica.

A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: “La fessa”. Io, invece, rispondevo: “L’odore delle case dei vecchi”.
La domanda era: “Che cosa ti piace di più veramente nella vita?”
La grande Bellezza

Annusate anche voi l’Italia dei vecchi, vi prego.

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8 risposte

  1. Ma che ce ne importa della seo, quando tra le mani ho (in questo caso su smartphone) uno scritto che mi fa emozionare e, allo stesso tempo, sorridere di fronte alla verità delle conclusioni!

  2. Quanta malinconia mi ha fatto venire, cara Roberta. Lo stato d’animo è tuttavia piacevole perché mia hai condotto per mano nell’Italia che più apprezzo, quella semplice, quella genuina. Come non ricordare il sapore della spuma che accompagnava l’immancabile tramezzino al tonno, le passeggiate in calesse scimmiottando i film western di Sergio Leone, il cocomero seppellito sulla battigia in cerca di refrigerio, i fuochi d’artificio del 15 agosto. Grazie Roberta

  3. Quanti altri stati nel mondo possono annoverare una così lunga e variegata lista di orgogli? Quanto è bello dire “sono italiano”? Nel mondo è un biglietto da visita che scatena sorrisi e invidia.

  4. Stupendo. Questo è articolo è STUPENDO. Fa uscire davvero un mix di sentimenti contrastanti. Mentre leggevo la descrizione del silenzio e delle cicale mi è tornata alla mente la Sicilia, la patria di mio padre, e di quelle poche volte che ci sono stata ma dove ancora ho potuto vedere “L’Italia dei Vecchi”.
    Mi hai emozionato, davvero.
    GRAZIE

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