Viaggi ed effetto farfalla: qualche riflessione per chi si sente in stand-by

Vi ricordate “The butterfly effect”, di Eric Bress e J. Mackye Gruber? Il film del 2004 (traducibile come “l’effetto farfalla”) ha fatto la storia per via di un concetto inafferrabile e suggestivo come il bellissimo insetto che lo evoca: “Il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo”.

Non si tratta di una fantasia new age, ma di una locuzione matematica e fisica secondo la quale piccole variazioni nelle condizioni iniziali producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

Inutile che mi addentri nei meandri della scienza. Vi racconto, invece, come l’effetto farfalla sta agendo in questo strano, disturbante 2020.

L’effetto farfalla nel 2020

Effetto farfalla: primo piano su una farfalla marrone
Farfalla

Un pipistrello. Così si dice. Il Coronavirus deriverebbe da questo mammifero e da una parte di mondo così remota che è difficile credere che qualcosa di suo possa arrivare fin qui in un batter… d’ali: la Cina.

Dovremmo parlare allora di un “effetto pipistrello”, ma al chirottero preferisco il lepidottero, se non vi dispiace.

In realtà, gli effetti farfalla del Coronavirus sono tantissimi: se da un lato possiamo osservare lo stand-by di sogni, viaggi e progetti, dall’altro si fanno strada pensieri buoni e atti di solidarietà che prima passavano inosservati.

Secondo l’effetto farfalla, tutto è connesso e da una nostra piccola, anche minuscola azione, possono derivare grandi conseguenze, sia gravi che meravigliose.

L’effetto farfalla, in buona sostanza, può aiutarci a rivalutare il presente, a prestare attenzione a ciò che facciamo e a ciò che pensiamo, a ragionare su larga scala e non solo sul nostro piccolo orticello.

Sì, ma i viaggi – mi chiederete voi?

L’effetto farfalla sulla psiche

Dettaglio del dipinto Sogni, di Vittorio Corcos
Sogni – Vittorio Corcos. Foto tratta da CulturaMente.it

Noi viaggiatori tendiamo a stare male se tra un viaggio e un altro intercorre troppo tempo. Nella migliore delle ipotesi (o peggiore, a seconda dei punti di vista), entriamo in una sorta di catatonia da inattività.

Chi non viaggia può solo immaginare cosa significhi sapere di poggiare i piedi su suolo straniero, inebriarsi di odori diversi, di musiche mai ascoltate e preghiere mai pregate.

Non sa che i viaggi mettono alla prova, aiutano a superare la cosiddetta “zona di comfort” e a scoprire parti di sé che nemmeno si pensava di avere. Non sa che il viaggio va oltre il semplice spostamento fisico e temporale, perché i viaggi sono fratelli gemelli dei sogni…

La mia esperienza di counselor, però, mi induce a pensare che l’attuale catatonia derivi da un’iperattività con cui talvolta soffochiamo emozioni e sentimenti scomodi. In fin dei conti, che cosa ci costa stare per qualche mese “a casa”?

Stiamo parlando di mesi, non di anni; e di pazienza, una qualità che noi occidentali sembriamo aver smarrito da tempo.

Pazienza, attesa, lentezza. In un mondo che corre, anche i viaggi fanno parte di questa frenesia e non riusciamo ad accettare che qualcosa possa frenare questa nostra onnipresente spinta verso l’esterno. Non siamo così bravi a stare con noi stessi, a riflettere, ad ascoltarci. Abbiamo paura, diciamocelo.

Ecco come un pipistrello (la causa) può portare a un’irrequietezza dilagante in mezzo mondo (l’effetto finale). Effetto farfalla, appunto.

Metto da parte, ovviamente, le conseguenze più gravi e immediate della pandemia, soffermandomi su ciò che sta accadendo alla nostra mente, nella quale la paura di ammalarsi pare aver ceduto il passo alla rabbia di non fare, partire, viaggiare…

Effetto farfalla e viaggi

Effetto farfalla: farfalla sul cofano di una macchina-giocattolo
Farfalla in viaggio

La maggior parte di noi si sente costretto a non viaggiare. Altri sono riusciti a farlo nonostante le quarantene e le prescrizioni, rifugiandosi in paesi più o meno lontani. Altri ancora stanno riflettendo su questa situazione.

Pensate a marzo e aprile: sono bastati due mesi di chiusura totale per tornare a svegliarci con il canto degli uccelli.

A me non era mai successo prima di allora. Non a Roma. Così come non avevo mai letto di conigli e altri animali selvatici dalle parti del Colosseo. Purtroppo ci siamo già dimenticati delle conseguenze benefiche, concentrati come siamo a sentirci repressi, impossibilitati. Sottomessi.

Attenzione, non sto dicendo di voler rimanere a casa per sempre o di essere felice di non muovermi quando voglio. Sto solo puntando la luce sul lato positivo di questa situazione. Perché, a ben guardare, un lato positivo c’è sempre. E va considerato proprio adesso che ci sentiamo stanchi, affinché possiamo combattere le battaglie giuste.

I viaggi, dicevamo. Per adesso ci limitiamo a viaggiare nel tempo, per lo più. Lo vedo su Instagram, il social che più di altri ha reso alcuni luoghi veri e propri oggetti del desiderio. In tanti stanno pubblicando foto di viaggi passati con una nota di rimpianto misto a desiderio.

Poi c’è chi legge libri ambientati altrove, ascolta musica africana e Bossa Nova, blues anni ’40 e canzoni francesi d’antan. Perché laddove non arriva il corpo, sono la mente e l’anima a sopperire. Un po’ come quando ci feriamo a una gamba: l’altra fa lo sforzo maggiore, ma continua a portarci in giro. Il parallelismo con la mente, per me, è immediato e, anzi, mi fa pensare al suo enorme potere.

Del resto, a che servono i prodotti dell’ingegno – come la musica, la letteratura, le fotografie – se non a trasportarci altrove (parola magica)?

In realtà, mai il mondo è stato così unito: un virus ha accelerato la globalizzazione in atto ormai da parecchi anni, sfumando le differenze tra i continenti, nel bene e nel male.

Effetto farfalla: il mondo è vicino

Cosa fare nei lunghi viaggi in aereo: modellino su un mappamondo
Volare

Non preoccupatevi: il mondo è molto più vicino di quanto non pensiate. Ogni nostro pensiero, ogni nostra azione – anche i più insignificanti – determina il futuro: se io cambio, il mondo cambia. Il mondo, non solo l’uomo o la donna della porta accanto.

Ricordo che, da piccola, la scuola ci diede l’opportunità di avere, ciascuno, un corrispondente; insomma, un amico di penna a cui scrivere in inglese. Il mio amico si chiamava Miguel ed era di Azcapotzalco, una città messicana. Erano gli anni ’90 e non esistevano né i cellulari né internet.

Eppure, a distanza di 30 anni, ricordo ancora il nome (impronunciabile) della città messicana, i cioccolatini che Miguel mi mandò per San Valentino e la sensazione di essere collegata al mondo attraverso carta, inchiostro e cioccolato.

La mia memoria è stata irreversibilmente arricchita. E chissà che questo non abbia messo i semi per il mio futuro di viaggiatrice. Un effetto farfalla, insomma.

Questo per dirvi che anche i messaggi che inviamo al mondo sono tanti piccoli, grandi effetti farfalla. Stiamo attenti a ciò che pronunciamo e a come lo facciamo. Prestiamo attenzione ai messaggi che riceviamo e selezioniamoli dall’immenso calderone rappresentato da internet e tv.

Ogni particella dell’universo […] influisce su ogni altra particella, per quanto debolmente o indirettamente. Ogni cosa è interconnessa con ogni altra cosa. Il battito delle ali di una farfalla in Cina può influire sul percorso di un uragano nell’Atlantico – Douglas Adams

Profetico, vero? Ecco perché mi viene da chiudere questo articolo con una domanda che potrà apparirvi un po’ metafisica: siete sicuri che non state già viaggiando?

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16 risposte

  1. Begli spunti di riflessione.
    I viaggi mancano. Mancano tanto e l’effetto di questa mancanza è decisamente negativo. Non tanto per l’iperattivita, quanto più per la gioia che dà anche solo l’aspettare un viaggio imminente.
    Credo che il viaggio sia una gioia che si autoalimenta: più viaggi e più stai bene e più hai voglia di viaggiare!
    Però di questo strano non buttiamo via tutto. Abbiamo scoperto quanto la Natura sia in grado di stupirci appena si riprende i suoi spazi, abbiamo apprezzato i piccoli gesti di solidarietà e le persone che magari prima ignoravano.
    Qualcosa di buono c’è stato, dai…. Però quand’è che possiamo prenotare un volo aereo?!? ????

  2. A un certo punto di questo articolo interessantissimo dici, e scusa se non uso le parole precise, che la paura di ammalarsi è stata soppiantata dalla rabbia e il senso di repressione. Ecco, secondo me questa è la chiave di lettura perfetta che differenzia la prima ondata di contagi dalla seconda. Avevo scritto un articolo sulle cose che ho imparato ad apprezzare durante la quarantena e se a marzo avevo notato un forte senso di comunità, dopo l’estate è stato il festival dell’individualismo, del “morte tua vita mia” e anche sui social ho notato molta più autocommiserazione che sana nostalgia per il fatto di non poter viaggiare. Il viaggio è stato declassato a un bene di consumo come un altro (o almeno, questa è la mia percezione) e forse anche per questo mi sto tenendo lontana da Instagram in questo periodo…. Trovo sempre degli spunti di riflessione notevoli sul tuo blog, è un piacere leggerti.

    1. Grazie cara Alessia, capisco bene le sensazioni di cui min parli: individualismo e autocommiserazione l’hanno fatta da padroni la scorsa estate. Soprattutto, io detesto l’idea del viaggio come bene di consumo. Una cosa che noto e che mi crea una sorta di nausea già da tempo…

  3. Sono assolutamente convinto che questo simpatico virus cambierà o, quantomeno, influenzerà in modo decisivo il corso dei nostri anni futuri. Cambiamenti nel quotidiano, nel modo di viaggiare e nelle attività lavorative. In modo simile a ciò che è accaduto a seguito delle grandi pandemie della storia. In tal senso, credo che il viaggio sia stato già intrapreso. Nel mio mondo lavorativo, per esempio, si pensa ad un lavoro da casa da estendere a tutto il personale, postazioni di lavoro da condividere, potenziamento delle dotazioni informatiche. Ma anche la vita quotidiana potrebbe cambiare scegliendo di vivere nei piccoli borghi piuttosto che nelle grandi e caotiche città. Anche i viaggi di gruppo potrebbero essere dei lontani ricordi mentre gli on the road potrebbero diventare il modo di viaggiare prediletto dai più. Potremmo adottare comportamenti più rispettosi della natura e riservare un miglior trattamento al prossimo… su questi ultimi aspetti nutro ancora qualche dubbio. Altro articolo eccezionale.

    1. Sei sempre estremamente gentile, Fausto. Anche secondo me cambierà qualcosa nell’assetto. Ho camminato per via Nazionale e via del Corso e non le ho mai viste così desolanti… Quasi quasi mi manca la folla. Chi vivrà vedrà

  4. Soffro della sindrome di wanderlust e viaggiare mi manca come l’aria.
    Di questo 2020 non mi posso però lamentare – qualche viaggio sono riuscita a farlo comunque anche se quelli che avevo pianificato a inizio anno sono stati tutti annullati.
    Anche io viaggio con i libri (in questo periodo sto leggendo molti testi appartenenti alla letteratura di viaggio – un esempio è la biografia dei coniugi Wheeler, i fondatori della Lonely Planet, “Un giorno, viaggiando”) e con le foto di viaggi passati 🙂 Un detto che amo dice “ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi”, ecco, io ora sono al terzo step 😉 ma sto già sognando qualche meta per il 2021 (finger crossed).

  5. La teoria dell’effetto farfalla mi ha sempre affascinata, perchè è una cosa talmente vera. L’idea che qualunque cosa facciamo può avere enormi conseguenze su tutto quello che ci circonda è sconvolgente e devo confessare che un pò fa paura. La pandemia che abbiamo vissuto (e stiamo ancora vivendo) ne sono l’esempio più lampante!

  6. Ma guarda, ti rispondo al volo (di farfalla?): io viaggio, io viaggio in continuazione, pur se sono ferma a Ostia antica, perché per me ogni occasione è volo oltre e fuori. Questo ennesimo stop dai viaggi fuori regione (per me) è stato occasione per osservare meglio ciò che ho intorno. Il mio battito d’ali mi ha scrollato di dosso l’abitudinarietà di certe cose che ho intorno, svelandomi bellezza.

  7. Sono d’accordo con il tuo pensiero e che ad una reazione ne corrisponda una uguale e contraria (eh niente, la scienziata che è in me esce prepotentemente) infatti non dobbiamo più dire “quando torneremo a viaggiare come prima” ma “quando impararemo a viaggiare in modo nuovo”? La nostra vita non sarà e non deve essere più la stessa, ma più attenta e responsabile: come possiamo agire in modo tale da non provocare una catastrofe umanitaria? Come possiamo agire in punta di piedi senza lasciare un segno troppo profondo nella sabbia? Non so se riesco a spiegarmi.

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