Cercare la propria voce può essere frustrante se la si considera un’attività. Forse la voce non va cercata, ma trovata – la non azione, a volte, è salvifica.
Cosa significa cercare la propria voce? Sognare molto, anche di notte. Urlare, se necessario – e va bene se lo si fa anche con l’immaginazione. Elencare con amore i propri punti di forza.
Amore. Che parola! Così abusata, maltrattata, misconosciuta. Amore per sé, poi, è un’espressione così diffusa da essere divenuta stucchevole, nonché poco credibile. Cosa vuol dire amarsi?
Vi chiederete che senso abbia leggere un articolo pieno di domande e io vi darò una ragione: odio gli articoli che trasudano risposte, soprattutto se scritti da persone che alle spalle non hanno l’esperienza necessaria a insegnare un bel tubo.
Per semplificare il tutto – e sperando di aiutare anche voi a perseguire lo scopo – quella che segue è un’auto-intervista su cosa significhi cercare la propria voce. Forse sarebbe meglio chiamarla auto-psicoterapia.
Ciao Roberta, cosa vuol dire “cercare la propria voce”?

Con “cercare la propria voce” intendo cercare se stessi, identificarsi, sentire di avere una meta.
Senti di non averne una?
A volte. Mi sembrano tutti così sicuri di sé: c’è chi molla tutto e diventa travel blogger, chi lavora in ufficio e sfama felicemente la propria famiglia. E poi ci sono quelli come me, il cui lavoro – appunto – è cercare la propria voce. Non che gli altri non lo facciano, sia chiaro, ma forse sono più avanti di me.
Trovi?
Beh, non tutti, chiaramente. Però ho tre ex amiche che per me sono diventate casi emblematici.
Una scappò in Inghilterra abbandonando il cosiddetto paesello. Ad oggi è fidanzata con un milionario. Naturalmente a seguito di un redditizio divorzio.
Un’altra si vergognava delle proprie origini paesane e oggi è una donna che ha messo su famiglia in una cittadina, ma non prima di aver fatto carriera. Così può vantare le sue due “anime”.
L’ultima era la mia migliore amica: scappata anche lei dall’insoddisfacente Italia, si è occupata della sua più grande passione: la scrittura. Beh, oggi vive di questo, anche se a fatica.
Tre esempi interessanti, che parlano di alcune parti di te, forse. Ti va di dirmi quali?
A flusso di coscienza? La mia prima amica rappresenta l’ambizione, anche se poi si è concretizzata in case da fiaba e milionari, la seconda la determinazione e l’altra la creatività.
Interessante: ambizione, determinazione, creatività. Cosa dicono di te queste parole?
Che sono ambiziosa – ma lo nascondo. La determinazione? Quando mi ci metto, ne ho da vendere. Quanto alla creatività, vago in cerca di un mio collocamento. Forse la conservo per chissà quale exploit a venire.
Quindi ti manca solo uno step, mi pare di capire…
No no, me ne mancano vari, ci mancherebbe! Quando parlo del cercare la propria voce, mi riferisco alla costruzione della propria identità e, per me, identità fa rima con lavoro, sì, ma anche e soprattutto con i sentimenti e un non meglio identificato concetto di felicità.
Quante belle parole… Possiamo dire, allora, che sei una cercatrice d’oro! E che, in fin dei conti, stai facendo esattamente quello che sei chiamata a fare.

Facendo… Diciamo che ci provo, ci penso, medito e rifletto. Ecco, dovrei, vorrei, fare di più.
E se invece facessi dei tuoi pensieri il tuo stesso lavoro? Se pensare fosse già fare?
Sa, è una bella prospettiva questa. Se i pensieri si materializzassero, tutti vedrebbero che sono una città piena di grattacieli, ma anche natura incontaminata, uccelli colorati, nubi e fulmini, disastri ed epifanie. C’è anche della melma in mezzo.
Ecco, allora abbiamo trovato il bandolo della matassa. E anche abbastanza in fretta, considerata la tua attitudine alla noia.
Sì, oddio… Sono ancora confusa. Cioè, so che ho dei valori, questo sì, ma alla base di ogni mio più rencondito pensiero c’è sempre un ma. Ho la sensazione di non fare abbastanza.
Lo vogliamo superare insieme? Adesso dimmi cosa farai, dopo questa seduta – ehm – intervista del tuo cercare la propria voce.

Non dirò più così tante volte ma. E poi proseguirò con due progetti importanti che ho in cantiere – scusa, ma non posso parlartene. Ho in cantiere anche la malsana idea di unire il pensare allo scrivere e al curare. Ti dirò: penso che sia questa l’arte che vado cercando da sempre.
Vedi? Direi che è stato piuttosto semplice. Prima di chiudere l’intervista, ho un’ultima domanda: e i viaggi?
I viaggi? Non esisto se non viaggio, ma questa parola – viaggio – ha per me un sapore esistenziale. Ecco, in questo blog non potrò mai limitarmi a dare consigli su dove mangiare e dormire. Posso farlo solo a modo mio.