Ho scoperto Blagaj e Pocitelj affidandomi ai consigli di altri blogger che, prima di me, erano stati in Bosnia ed Erzegovina. Se ho fatto bene? La risposta è un sì assoluto. E adesso vi spiego tutti i perché.
Bosnia ed Erxegovina on the road
Blagaj, il villaggio dei dervisci

Un viaggio on the road che includa la Bosnia ed Erzegovina non può prescindere dai luoghi meno battuti. Non solo Medjugorje, Mostar o Sarajevo, quindi, ma anche Blagaj, villaggio famoso per il suo monastero derviscio.
Siamo alla sorgente del fiume Buna, quello che attraversa anche Mostar. Acque verdi, gelide e cristalline si snodano lungo il villaggio, dividendolo in due. Ai lati, alcuni ristoranti che cucinano le trote in tutte le salse. Di fronte, proprio al di là di due ponticelli in legno che uniscono le due sponde, lo storico tekke, il monastero derviscio.
Entriamo – è il caso di dirlo – in punta di piedi. Dobbiamo toglierci le scarpe e io coprirmi il capo e le spalle con uno dei veli a disposizione. Su tappeti sparsi per tutte le stanze, alcune persone pregano leggendo il Corano ad alta voce. Non sono i dervisci.
I dervisci, infatti, vengono qui solo un paio di volte a settimana. Così mi dice la signora musulmana seduta all’ingresso. Rimango un po’ delusa, anche se mi rendo conto che non ha senso: i monaci non sono lì apposta per i turisti.
Incontri speciali
Io e F. veniamo chiamati da un ragazzo seduto a terra accanto alla moglie. Viene dall’Arabia Saudita ed è incredibilmente amichevole. All’inizio, sono diffidente. Non ci presenta la moglie – una ragazza di sì e no 20 anni -, la quale ci guarda sorridendo timidamente. Timidezza: e chi ci è più abituato?.
Parliamo del più e del meno, io, F. e il ragazzo arabo. Dopodiché ci alziamo e ognuno va per la sua strada: noi su quella che ci porterà in uno dei ristoranti sulla riva. Il posto è davvero magnifico: il tekke pare una baita di montagna incastonata tra le rocce e osservarlo da uno dei tanti tavolini all’aperto è un privilegio.
Arriva il momento di riprendere la macchina: si parte alla volta di Pocitelj, altro posto memorabile.
Pocitelj, il villaggio di pietra della Bosnia ed Erzegovina

Si presenta da subito come un luogo interessante. Da lontano si vedono il minareto e i resti di due castelli. Sì perché Pocitelj è un villaggio che si sviluppa in salita, sui ciottoli ottomani che caratterizzano questa parte d’Europa.
Il tempo non è dei migliori ma io e F. non ci scoraggiamo: osserviamo incantati le cupole della madrasa (la scuola coranica), gli alberi che si piegano al vento sotto il cielo plumbeo, il minareto (che osserviamo da tutte le angolazioni) e la Neretva. E poi le verdi colline che circondano il villaggio e i ruderi dei castelli dai quali osserviamo il panorama. Ci sono vari banchetti presidiati da signore che vendono frutti sfusi e marmellate.
Il silenzio, l’atmosfera e i colori mi catapultano in un’altra epoca. Il momento di maggiore impatto, però, è il muezzin, che all’improvviso sale dal minareto. Incredibile il tempismo: arrivo lì due minuti prima che salga al cielo questo canto da Mille e una Notte e tutto si ferma, anche le emozioni. Rimango immobile, avvertendo l’accapponarsi della mia pelle e tutte le cellule che danzano all’unisono.
Incontro il mio amico saudita di poche ore prima. Ci salutiamo e piano piano scendiamo al parcheggio, per via della pioggia e dei tuoni che cominciano a squarciare il cielo.
Bosnia ed Erzegovina: Radimlja, la necropoli misteriosa

Ci passo quasi per caso. Sulla mia destra, dietro a un piccolo recinto, delle pietre bianche conficcate nel terreno. Scopro che si tratta degli stécci, lapidi risalenti al Medioevo. Ognuna di queste pietre è decorata in modo diverso e mi piacerebbe che potessero parlare. Intorno, infatti, non c’è anima viva a cui chiedere la storia di questa necropoli. Solo un cartello un po’ sbiadito…
Pare che anche in Croazia, Serbia e Montenegro esistano altri raggruppamenti di queste pietre tombali ma Radimlja è sicuramente il più grande. Tutti sono stati eletti a Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
Subito dopo, faccio una puntatina a Stolac, paese attraversato dal fiume, le cui sponde vengono seguite da palazzi sventrati dalla guerra. Un silenzio surreale e una trattoria – Haan – che non ti aspetteresti: popolata da locali, allegra, economica e buona.

Purtroppo, posso rimanere poco a Stolac: mi accorgo infatti di aver perso i miei occhiali e decido di tornare a Blagaj, il primo dei villaggi visitati. No, non li ho più trovati e il mio nervosismo mi fa capire quanto siamo stupidamente attaccati alle cose.
Proseguo quindi verso la tappa successiva: il Montenegro. Ma di questo vi parlerò nel prossimo post.