Non è esattamente quello che ci si aspetterebbe da un blog di viaggi: la morte, oggi, è tabù. E poi cosa c’entra la gioia che i viaggi regalano con un concetto così pesante? A Roma poi, patria del gozzovigliare…
Io dico solo (ambasciator non porta pena): “Fratello, ricordati che devi morire”.
L’essenza dell’Appia Antica può essere riassunto con il motto dei frati trappisti, che usavano salutarsi così per mantenere i piedi per terra. Perché l’Appia Antica non è soltanto un’esplosione di tesori archeologico-naturalistici, ma anche una via mistica, un vero e proprio memento mori, data la quantità di sepolture che la percorrono da Roma a Brindisi.
Il bello è che non c’è nulla di macabro in tutto ciò. Siamo noi occidentali ad aver dimenticato la morte, una realtà ben presente invece nel cuore degli antichi Romani e non solo. Sono reduce da Minorca e anche sull’isola spagnola ho scoperto lo stretto legame tra vivi e morti, precisamente negli insegiamenti talaiotici, dove le sepolture distavano ben poco dalle abitazioni.
Se si lasciano da parte il profumo di erbe selvatiche e le ville sontuose, rimane un’aura di mistero, che tutta l’Appia Antica chiede sia decifrato. A partire dal Mausoleo di Cecilia Metella, dedicato alla moglie di Crasso, figlio del famoso Marco Licinio Crasso.
Spiritualità sull’Appia Antica
Per i Romani era importante dialogare con i morti. Le molteplici tombe disseminate sulla via servivano infatti a ricordare ai passanti di cogliere l’attimo.
Circondati da tanti monumenti – come il Catrum Caetani e la Chiesa di San Nicola -, ci si sente catapultati non solo in un’altra epoca ma in tutt’altra realtà.
Le agavi crescono rigogliose ai piedi dei tanti ruderi, come la Torre di Capo di Bove. Le macchine imponenti e i loro passeggeri, generalmente altolocati, passano oggi indifferenti alla morte.
Gli antichi Romani avevano un altro modo di dimostrare il censo di appartenenza: loro riempivano le tombe di oggetti appartenuti al defunto, affinché nell’aldilà non ci fossero dubbi sulla sua provenienza.
Ora, sull’Appia Antica, si cammina torcendo il collo a destra e a sinistra per scorgere le antiche vestigia e non è improbabile che dal sottosuolo arrivi una vocina che sussurra all’orecchio “carpe diem”…
Cosa vedere sull’Appia Antica
Ma cosa vedere sull’Appia Antica? Al di là del già citato e magnifico Mausoleo di Cecilia Metella, ecco una breve lista di monumenti e relative spiegazioni:
- La Villa di Massenzio, circondata da uno splendido parco. Alcuni pannelli ne illustrano la storia. Gli occhi fanno il resto.
- Villa dei Quintili, divenuta poi la dimora dell’imperatore Commodo, che ne uccise i legittimi proprietari (i fratelli Quintili, appunto).
- Il Museo delle Mura: semplicemente favoloso! Si tratta infatti di percorrere una parte delle Mura Aureliane, un’esperienza che consiglio assolutamente di fare. A Porta San Sebastiano;
- Catacombe di San Callisto: qui sono sepolti ben 16 Papi! Se non soffrite di claustrofobia, non perdetelo.
- Il Complesso di Capo di Bove, terme che furono di Erode Attico.
- Mausoleo di Romolo, dedicato a Valerio Romolo, figlio di Massenzio.
- Basilica di San Sebastiano Fuori le Mura e omonime catacombe, dove venne sepolto il santo.
- Chiesa del Domine quo vadis, eretta sul luogo dove – così si narra – San Pietro ebbe una visione di Gesù, mentre fuggiva dalle persecuzioni ai cristiani. “Domine, quo vadi?” fu la domanda che l’apostolo chiese alla sua visione, che gli rispose: “Venio Romam iterum crucifigi” (“Vado a Roma a farmi crocifiggere di nuovo”).
- Ovviamente ci sono altre centinaia di monumenti e resti che si snodano lungo questa via, che non a caso è conosciuta anche come Regina Viarum. Il bello è scoprirli da sé, incamminandosi e mantenendo occhi e anima bene aperti.